Neruo si sentiva strano. Camminava con passo lento attraverso il prato grigio chiaro poco distante da casa. Era teso, agitato. Sentimenti contrastanti si avvicendavano dentro di lui. Non era qualcosa di definito, anzi, era tutto decisamente confuso.
Se avesse dovuto descriverlo avrebbe detto che si sentiva triste, deluso. Era la stessa sensazione che provava dopo aver perso una partita alla Play, solo che era infinitamente più intensa. Come se avesse perso la partita più importante della sua vita.
Ma insieme avvertiva qualcosa che avrebbe descritto come nostalgia, eccitazione, attesa. Non ne era certo ma credeva che il motivo di quella sensazione potesse essere la ragazza che camminava al suo fianco.
Non sapeva chi fosse. Era di mezza statura, capelli mossi, portava un vestitino grigio pallido con disegnati tanti piccoli fiorellini scuri. La osservò con attenzione e, per la prima volta nella sua vita, pensò che era bellissima.
Camminavano in silenzio lungo la stradina grigia che attraversava il prato. Inizialmente ognuno per conto proprio senza badare alla presenza dell’altro, come se entrambi fossero troppo occupati da sé stessi.
Poi d’un tratto lei gli rivolse uno sguardo. E un sorriso. La prima volta Neruo non ci fece caso. Ma lei insistette una seconda. E poi una terza. E poi ancora…
Chi era? Cosa voleva? E cos’era quell’agitazione, quel fascino che percepiva all’improvviso non appena incrociava i suoi occhi?
Nel cielo grigio intenso non c’era neanche una nuvola. Neruo provò a fare mente locale cercando di darsi una spiegazione, ma più inseguiva risposte, più gli affioravano domande, più tentava di capire, più quelle sensazioni gli apparivano inedite.
Come ci era finito lì? Cosa ci faceva in quel prato con una ragazza sconosciuta? Perché mai se ne tornava a casa in sua compagnia? E soprattutto, perché non era impassibile e appagato come sempre? Perché quell’inquietudine? Perché quell’assenza di apatia?
Se si fosse immaginato in un contesto del genere l’avrebbe trovato decisamente imbarazzante e del tutto anacronistico. C’era però qualcosa di affascinante in quella situazione, un non so che di attraente, qualcosa di promettente…
Provò a non pensarci e alzò lo sguardo. In lontananza si vedevano grigi i primi edifici del paese. Ancora qualche minuto e sarebbero arrivati a casa.
Non faceva molto caldo ma Neruo si sentiva soffocare. Non era la temperatura il problema. Era tutto il resto. Non sapeva come dirlo. Non era l’aria, o l’umidità o l’afa… Era… il colore! Il grigio, che copriva ogni cosa, quell’unica tinta di cui il mondo era permeato. Quelle sue infinite tonalità, quelle sole sfumature che la sua esistenza aveva conosciuto: all’improvviso erano diventate opprimenti. Che cosa bizzarra, pensò. È come se un giorno ti svegliassi e scoprissi che la luce del sole ti è diventata pesante. Come se bevessi un bicchiere d’acqua e ti accorgessi che ti dà la nausea. Come se respirassi a pieni polmoni l’aria frizzante del mattino, e iniziassi a sentirti mancare il fiato. Come se la vita, per come l’hai sempre conosciuta, d’un tratto manifestasse tutto insieme il suo essere mancante, il suo essere incompiuta, il suo bisogno di qualcosa d’altro, di qualcosa di più. Qualcosa che però non sai nemmeno immaginare.
Neruo si sentiva spiazzato. Cosa poteva esserci di diverso dal grigio? Cosa poteva esserci oltre il grigio? Grigio era il sole, grigi erano gli alberi, grigio era il cielo, grigio era il mare, grigi erano gli uccelli, grigie erano le farfalle. Grigi erano i capelli della ragazza con cui camminava.
Cosa stava succedendo? Non aveva mai provato una sensazione simile. Non gli era mai mancato nulla, o per lo meno così credeva. Che c’era ora che non andava?
Nel frattempo avevano iniziato a parlare. Lei in realtà, Neruo più che altro ascoltava. Non riusciva a staccare lo sguardo da quelle labbra intente a formulare parole, da quegli occhi che passavano rapidi dal suo volto all’orizzonte. E con stupore si accorse che più le orecchie si riempivano della sua voce, più trovava sollievo da quella sensazione opprimente; più gli occhi si nutrivano del suo sguardo, più intravedeva qualcosa di inedito, qualcosa di grande, qualcosa di vero. E lei non smetteva di guardarlo, non smetteva di parlargli. Aveva scoperto che si chiamava Antainë.
Poi, la situazione precipitò. Arrivati alle porte del paesino, senza chiedergli il permesso, Antainë lo prese per mano e si mise a correre. Correva e i capelli le si scompigliavano al vento. E Neruo, dietro di lei, inseguiva quella mano che non lo mollava, cercando di non rallentare, cercando di non lasciarsela sfuggire. Antainë rideva felice come non mai. Lui si sentiva scosso, non capiva il senso di tutto ciò, ma, chissà perché, sentiva che l’unica cosa che voleva davvero era continuare a correre con la mano in quella di lei.
Arrivati davanti a casa Antainë si fermò. Gli piantò le braccia al collo e lo guardò dritto negli occhi. Avvolto in quello sguardo Neruo sentì che non poteva far nulla, non voleva far nulla. Desiderava solo che il tempo si fermasse e quell’istante non finisse.
Fu allora che la sua vita cambiò per sempre, quando scorse negli occhi di Antainë qualcosa di inedito, qualcosa di assurdo… Non era grigio… Era incredibile… Un azzurro intenso e meraviglioso!
Rimase qualche istante a contemplarli, poi le si fece più vicino e la baciò.
Ed ecco… niente era più come prima! Antainë aveva le labbra rosa e i capelli castani, il suo vestito era azzurro e i fiorellini che lo ornavano blu. Alzò lo sguardo, ed ecco il cielo era rosso per il tramonto, l’erba verde sul prato, i fiori di mille colori. Una farfalla azzurra svolazzava felice.
Vennero i suoi amici per vedere cosa stesse accadendo e Neruo corse da loro pazzo di gioia. Li abbracciò e, stringendoli a sé, con grande stupore anche loro presero colore. E scoprì che uno aveva gli occhi verdi, l’altro i capelli rossi, uno la barba bionda, l’altro la pelle abbronzata. Si guardarono stupefatti, senza parole. Poi tutti insieme corsero via per il paese. Volevano abbracciare ogni persona. Volevano mostrare a tutti quella bellezza. Volevano gridare al mondo la loro gioia.
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