Relazione di coppia e amore

Per introdurre la riflessione sul tema dell’amore di coppia e iniziare a parlarne insieme ai ragazzi propongo la visione del film Will Hunting genio ribelle (1997). Nella pagina Wikipedia del film potete trovare la sintesi completa della trama. Questo il trailer:

Will Hunting è un film a partire dal quale si potrebbero trattare un’infinità di temi: i talenti, il senso dello studio e del lavoro, l’amicizia, l’accompagnamento educativo… Scelgo di utilizzarlo sottolineando ciò che nel film emerge rispetto al tema della sessualità e dell’amore di coppia. Il pregio di questo film, da questo punto di vista, è offrirci diverse prospettive, diversi livelli di profondità nel considerare questi temi, dai più superficiali a quelli più intensi. Il film è costellato delle battute a sfondo sessuale di Will e i suoi amici, ma ci propone insieme la storia nascente tra Will e Skylar e il racconto dell’amore, capace di attraversare la malattia e la morte, tra Sean e suo moglie. Diversi punti di vista utili a far ragionare i ragazzi su come la sessualità possa essere vissuta come un giochino insignificante o come strumento di un amore capace di andare oltre ogni confine. Attraverso ciò che questo film ci consegna è possibile cogliere il già e il non ancora della sessualità nell’adolescenza, dove sei e dove puoi arrivare. L’immagine che uso sempre è quella della Ferrari: la sessualità è una Ferrari che ti è data chiavi in mano. Puoi farci quello che ti pare. Puoi andarci a fare la spesa, puoi usarla per qualche sgommata nel vialetto dietro casa. Oppure puoi scendere in pista, correre il gran premio e andare a vincerlo! Hai in mano una Ferrari, dove vuoi arrivare con tutti quei cavalli?

Da qui in avanti sono presenti spoiler.

Per iniziare a ragionare coi ragazzi su ciò che emerge dal film rivedo insieme a loro alcuni spezzoni, su cui poi riflettere insieme. Il primo è probabilmente la scena più bella e famosa di tutto il film, il monologo di Sean, che segue la prima turbolenta seduta nel quale i due vengono alle mani dopo che Will si era permesso di insultare la moglie defunta dello psicologo.

Il primo aspetto che emerge da questo spezzone di film è la differenza che c’è tra sapere e vivere. Sean dice a Will: tu sai tante cose, sull’arte, sull’amore, sulla guerra… ma non hai mai vissuto nessuna di queste esperienze. Ne parli, sai tutto quello che c’è da sapere. Ma non hai mai sperimentato cosa significhi vivere la bellezza, la guerra, l’amore…

C’è qui un primo tema importante da far cogliere ai ragazzi, perché noi oggi viviamo in un mondo nel quale abbiamo a disposizione un’enorme quantità di informazioni. Qualsiasi dubbio abbiamo sulla sessualità, sulle relazioni, Google viene in nostro soccorso. Per far comprendere come tutto questo renda il nostro vissuto radicalmente diverso da quello delle generazioni che ci hanno preceduto porto sempre l’esempio della mia bisnonna che, raccontava, arrivò alla prima notte di nozze senza avere minimamente idea di cosa fosse un rapporto sessuale. La sessualità era un tabù di cui non si doveva parlare, soprattutto tra donne. Oggi è sufficiente girare per la strada per ritrovarci sbattuti in faccia i corpi nudi sessualmente provocanti dei cartelloni pubblicitari. La possibilità che abbiamo di conoscere e informarci è senz’altro positiva, tuttavia ci espone a un rischio: credere che sia sufficiente sapere tante cose sulla sessualità per essere capaci di viverla dentro una relazione. Sarebbe come credere di poter giocare in Serie A perché si conoscono alla perfezione le regole del calcio. C’è uno scarto tra ciò che si può imparare e ciò che invece è l’esperienza a insegnarci: nessun motore di ricerca potrà mai dirti come si vive nel concreto la relazione con quella specifica persona della quale ti sei innamorato. Sottolineare questo è importante per provare a scardinare uno dei meccanismi che impedisce ai ragazzi di mettersi davvero in gioco parlando di un tema come quello della sessualità, quell’idea che l’adolescente non perde occasione di sbattere in faccia all’adulto: tutto quello che tu hai da dirmi sul sesso io lo so già!

Un secondo passaggio interessante è quando Sean fa a Will l’esempio delle donne, e gli dice: “potrai perfino aver scopato qualche volta…”. Secondo un certo modo di pensare tipico dell’adolescenza (con tutte le eccezioni del caso, chiaramente) il rapporto sessuale è visto come il punto più alto di una relazione: è l’obbiettivo da raggiungere! Qui Sean ne parla come qualcosa di banale e scontato. È interessante far notare ai ragazzi questo aspetto e ragionarci insieme. Se quel gesto rimane fine a sé stesso, è poca cosa. C’è di più; la sessualità dà la possibilità di vivere qualcosa di più grande: “svegliarsi accanto a una donna e sentirsi veramente felici”, sentire “che Dio ha mandato un angelo sulla terra solo per te, per salvarti dagli abissi dell’inferno”, finanche “essere tu il suo angelo, avere tanto amore per lei, vicino a lei per sempre…”: è questo il gran premio da correre! Ragionare su questo permette di iniziare a accendere qualche riflessione.

Il secondo spezzone che propongo è uno dei dialoghi che Will e Sean hanno in una delle loro sedute.

In questa scena si passa in pochi minuti dalla banalità più totale della barzelletta raccontata dal Will alla profondità del vissuto di Sean nel rapporto con sua moglie. Sono moltissimi i temi sui quali ci si può soffermare a riflettere coi ragazzi, così da entrare in dialogo, raccogliendo impressioni e domande. Normalmente chiedo sempre ai ragazzi cosa li colpisce di questo spezzone per poi cercare di andare approfondire a partire da ciò che emerge.

Gli aspetti che cerco di mettere in luce sono:

  • La perfezione: in questo spezzone di film emergono due visioni molto diverse tra Will e Sean riguardo ciò che, dentro una relazione, ha valore ed è desiderabile. Will cerca la perfezione: questa ragazza è perfetta e non voglio intaccare questa perfezione. Sean parla a Will delle “imperfezioni”, degli aspetti meno nobili di sua moglie, come di ciò che più gli manca. Chiedo sempre ai ragazzi con chi dei due siano più d’accordo. Oggi l’idea della perfezione è molto forte. Basta scorrere i social, basta osservare i cartelloni pubblicitari per trovare corpi perfetti che ci vengono buttati addosso, del tutto distanti da ciò che ci appare guardandoci allo specchio. Quante volte la nostra preoccupazione è mascherare le imperfezioni, nasconderle perché non vengano notate. Quante volte la nostra paura è di non essere abbastanza per essere amati, desiderati dagli altri. Sean ribalta la prospettiva: ciò che emerge in una relazione sana non è la perfezione, ma l’imperfezione amata tanto da diventare la cosa che più manca quando l’altra persona non c’è più. Di chi vuoi che l’altro si innamori? Di te o dell’immagine di te che sei riuscito a fargli vedere? Ciò che ti può rendere felice davvero, ciò che in fondo ciascuno di noi desidera ma troppo spesso considera impossibile, è essere amati così come si è, nelle nostre imperfezioni, per le nostre imperfezioni. Per un amore del genere nessuno è mai abbastanza, perché un amore così è un dono che non si merita. Si riceve solamente e mette le ali alla nostra vita.
  • Le caratteristiche dell’innamoramento: Will non vuole conoscere in modo più approfondito la ragazza con cui è uscito perché ha paura di scoprire che non è così perfetta come le appare ora. Quello che Will descrive rappresenta bene quello che tipicamente avviene nella primissima fase di una relazione: l’innamoramento. In questa fase l’altro ci appare perfetto, dell’altro si vedono solo i pregi. Tutta la nostra attenzione, tutte le nostre energie sono catalizzate dalla relazione. Si vorrebbe sempre e solo stare insieme all’altra persona, la felicità coincide con l’altra persona. Tutto questo ha anzitutto una matrice biochimica: il nostro cervello produce le sostanze chimiche responsabili delle sensazioni e delle emozioni che viviamo nell’innamoramento, come spiega bene questo articolo di Geopop che faccio leggere ai ragazzi. Queste emozioni e sensazioni però, è bene rendersene conto, non sono per sempre. Will vorrebbe cristallizzare questo momento di assoluta perfezione, ma non è possibile. L’innamoramento infatti è un momento bellissimo ma passeggero. Il nostro cervello a un certo punto smette di produrre ciò che provoca l’innamoramento e torna ad una condizione di normalità. Quando questo succede, dell’altro iniziano ad apparirmi anche i limiti, le cose che non mi piacciono, quello su cui non siamo d’accordo, di cui prima non ci si era resi conto. Quante volte, dopo la fine di una relazione, uno si guarda indietro e dice: ma come ho fatto a innamorarmi di quella persona? A posteriori si mostra in tutta la sua evidenza l’inganno che l’innamoramento aveva favorito nel farci apparire quella persona diversa dalla realtà.
    Quando finisce la fase dell’innamoramento cosa si fa? Esiste il rischio di credere che una relazione funzioni quando si vive quel coinvolgimento totalizzante tipico dell’innamoramento, senza riconoscere come questa sia solo la prima fase della relazione. Se cadiamo in questo errore spesso, finito l’innamoramento, la relazione finisce, e si passa da un’innamoramento all’altro, senza riuscire mai ad avere una relazione duratura. Quando finisce quel vortice emotivo tipico dell’innamoramento che ti portava verso l’altra persona, nel quale la relazione era vissuta in tutta spontaneità, senza nessuna fatica, anzi, ricevendo gratificazione, sta a te decidere cosa fare di quella relazione. È come una barca che percorre un fiume e sfocia nel mare: finché sei nel fiume la corrente ti spinge; quando arrivi nel mare, diventa sempre meno forte e a un certo punto se vuoi andare avanti devi metterti tu a remare. La relazione diventa una scelta: io sto con te non solo perché c’è qualcosa che mi spinge verso di te, ma perché ho scelto di stare insieme a te e ti accolgo con tutti i limiti che inevitabilmente ci sono: è il passaggio dall’innamoramento all’amore.
    Qui, dico sempre ai ragazzi, è importante chiarire anzitutto a sé stessi cosa si cerca dentro una relazione: vai in cerca di sensazioni nuove o vai in cerca di una persona con cui condividere la tua vita per un tempo che si spera sia il più duraturo possibile?
    Ultimo aspetto che sottolineo dell’innamoramento è la sua non volontarietà: non decidi tu di chi innamorarti! Incontri una persone e inizi a provare qualcosa per lei, ti svegli una mattina e quella persona che hai sempre visto in un modo inizi a guardarla in modo diverso. Tu non decidi di chi innamorarti. Quello che decidi è cosa farne di quello che provi. Ci si può innamorare a tutte le età e in tutte le condizioni di vita (da single come da fidanzati, da preti come da sposati!), ma innamorarsi di una persona non significa che automaticamente la relazione che stai vivendo non funziona più, né che stai facendo di per sé un torto alla persona con cui sei. Perché l’innamoramento non lo decidi tu. Quello che decidi tu è cosa farne: ti innamori di una persona già fidanzata, cosa fai? Correttezza vuole (poi chiaramente può succedere di tutto) che tu scelga di non seguire quello che provi. Stessa cosa se sei in una relazione e ti innamori di un’altra persona. L’eventuale torto arriva se decidi di non ignorare quello che senti ma di darvi seguito. Questo è ciò che puoi decidere, non cosa provare e per chi. È importante esserne consapevoli per evitare di andare in crisi per situazioni che semplicemente rispecchiano la normalità delle cose.
  • Cos’è l’amore: il passaggio dall’innamoramento all’amore è il primo passo per una relazione che non sia solo di un momento ma possa durare. Ma quali sono le caratteristiche di questo amore? Cosa deve esserci in una relazione perché funzioni? Per provare ad accennare qualcosa faccio riferimento ai tre termini che la lingua greca usa per dire l’amore, ciascuno dei quali esprime uno degli aspetti fondamentali dell’amore che non possono mancare in una relazione che abbia come obbiettivo l’essere duratura e positiva.
    • Eros (ἔρως): nella mitologia greca era il nome del dio dell’amore, che nella versione latina diventerà “Cupido”. È rappresentato come un bambino con le ali che con un arco scocca la freccia che fa innamorare le persone. Dalla parola “eros” in italiano derivano parole come “erotico” o “erotismo”. Ciò che questa parola mette in luce dell’amore è la dimensione di passione, di attrazione fortissima, tipica dell’innamoramento, che si esprime anche attraverso gesti corporei: dal bacio, all’abbraccio, fino ad arrivare ai gesti sessuali.
    • Philia (φιλία): la philia esprime in greco il sentimento dell’amicizia. In italiano abbiamo moltissime parole composte con philia: filosofia (amico della sapienza), filantropia (amico degli uomini), cinofilia (amico dei cani), pedofilia (amico dei bambini)… Nel contesto dell’amore di coppia indica la dimensione della condivisione, la relazione che si esprime condividendo momenti insieme, viaggi, esperienze, passioni comuni, raccontandosi quello che succede nella vita di ciascuno, dedicando tempo a parlare per scambiarsi impressioni e conoscersi meglio. Se eros si concentra di più sulla fisicità dell’amore, philia mette l’accento sulla condivisione della dimensione interiore.
    • Agape (ἀγάπη): la parola agape è poco usata nel greco classico, la troviamo spesso invece nel greco del Nuovo Testamento. È il termine attraverso il quale gli autori neotestamentari parlano dell’amore di Dio e dell’amore dei cristiani. Ciò che dell’amore viene indicato attraverso questa parola è la dimensione del dono di sé per l’altro, il prendersi cura reciprocamente e gratuitamente, senza ricevere qualcosa in cambio.

Semplificando molto potremmo dire che una relazione funziona quando tutti e tre questi elementi sono presenti e sono messi in gioco: eros con la sua forza di attrazione che si esprime anche attraverso gesti fisici (non per forza i gesti sessuali, c’è una grande varietà di gesti attraverso i quali si può esprimere la fisicità dell’affetto senza arrivare già all’atto sessuale); philia, ossia la condivisione della dimensione interiore attraverso il racconto, il dialogo, il tempo passato assieme; agape che si esprime nel dono di sé all’altro. Se nella relazione mancano uno o più di questi ingredienti diventa sbilanciata e zoppicante. È chiaro a tutti che tipo di relazione sia quella in cui c’è solo eros. Ma può esistere anche una relazione in cui philia è preponderante: quelle coppie che stanno sempre insieme ma non si sfiorano mai neanche con un dito, tanto che chi le guarda dall’esterno si chiede se si tratti di un’amicizia o di qualcosa di più. Ci possono essere inoltre relazioni in cui agape predomina, quando nella coppia uno dei due ha dei limiti di diversa natura e si appoggia costantemente sull’altro che svolge il ruolo di supporto e sostegno: è la cosiddetta sindrome della crocerossina (o del crocerossino).

Chiedo sempre ai ragazzi di tener presente questi diverse sfaccettature dell’amore e di chiedersi se nelle relazioni che stanno vivendo o che hanno vissuto questi tre aspetti siano in equilibrio o se emerge la tendenza ad accentuarne alcuni a dispetto di altri. Faccio anche notare come, senza generalizzare ma comunque prendendo atto di ciò che emerge più di frequente (esistono certamente tutte le eccezioni del caso!), la prospettiva maschile tenda a ricercare e accentuare di più eros, mentre quella femminile philia. È importante esserne consapevoli per comprendere il punto di vista dell’altro e costruire una relazione in cui ci sia equilibrio tra le diverse facce di quel poliedro che è l’amore.

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