Cara Costanza Miriano, su Michela Murgia dimentichi il Vangelo!

Gent.ma Sig.ra Costanza Miriano,

mi sono imbattuto casualmente nel post pubblicato sul suo profilo Facebook in merito alla scomparsa di Michela Murgia e al modo con il quale i media cattolici hanno commentato la notizia. 

Le chiedo scusa, ma non riesco a rimanere indifferente di fronte alla violenza giudicante di quanto ha scritto, soprattutto dal momento che questa violenza è spacciata per espressione del pensiero cristiano. Per questo ho scelto di scriverle, non per mettere in piedi un’inutile polemica, ma per l’esigenza che sento, dopo aver letto il suo post, di gridare che quel modo di giudicare e di parlare della vita di una donna è il contrario della prospettiva cristiana, non è in nessun modo coerente con essa. Per quale motivo? Perché è l’opposto del Vangelo. 

In poche righe lei fa a pezzi la vita di Michela Murgia. Non le sue idee, sulle quali è legittimo discutere. La sua vita. Questo è il contrario del Vangelo. Affermare che “Aveva avuto un’infanzia oggettivamente difficile e questo ha inevitabilmente condizionato il suo sguardo sulla famiglia. Era uno sguardo ingannato, vedeva patriarcato e violenza maschile anche dove non c’era; forse non aveva conosciuto nemmeno un uomo di quelli che sanno dare la vita per una donna e dei figli, o forse quando li ha visti non li ha saputi riconoscere (era separata e non aveva avuto figli)” da un punto di vista umano è violentare il vissuto di una donna, dal punto di vista cristiano è far proprio uno sguardo opposto a quello che Gesù nei Vangeli riserva ad ogni persona: fosse anche tutto vero, nella prospettiva cristiana anche il vissuto più problematico diventa oggetto di accoglienza compassionevole, mai di giudizio senza appello.

Ma c’è di più. Nel post lei dipinge Michela Murgia come l’opposto di tutto ciò che il cattolicesimo professa. Mi ha colpito la totale assenza di una benché minima nota positiva. Solo giudizio e opposizione. Sintomo di un modo di pensare che non è cristiano, è manicheo. Da un lato il mondo, dall’altro la Chiesa, da un lato il bene, dall’altro il male, distinti con una chiarezza netta e precisa, catechismo alla mano. Dimenticandosi del Vangelo, dove Gesù parla di un campo in cui grano e zizzania crescono assieme, in modo quasi indistinto; tanto che il padrone, per evitare di far confusione tra bene e male, sospende il giudizio. Lo sguardo cristiano non ha fretta di usare la falce; cerca invece sempre di cogliere il grano buono che c’è e di non perderlo, fosse anche un solo piccolo stelo. L’incapacità di lasciarsi almeno interrogare da una figura come quella di Michela Murgia, il fastidio verso chi invece, dentro la Chiesa, coglie in lei grano buono, denotano inequivocabilmente l’assenza di uno sguardo autenticamente cristiano sulla realtà. 

Ci tengo a precisare come affermare questo non significhi da parte mia mettere in discussione in alcun modo la sua fede personale, come lei invece non si fa scrupolo di fare nei confronti di Michela Murgia al termine del post, sentenziando che “La fede non è solo sapere che esiste Dio. Magari l’ha riacquistata nell’ultimo momento, ma perderla l’aveva persa”. E questo perché personalmente credo non ci sia un unico modo prestabilito di essere cristiani, ma sia possibile dentro la Chiesa la coesistenza di una molteplicità di prospettive che si arricchiscono a vicenda: quelle tradizionali alle quali lei è più vicina, che custodiscono indubbiamente ricchezze da non perdere, insieme a tante altre, tra le quali, ad esempio, quelle in cui lo Spirito suscita modalità originali di vivere lo stesso amore di Gesù in contesti dove l’uomo e la donna, la famiglia, il matrimonio e la generazione sono pensati in modo differente.

Ho indirizzato questa lettera a lei con l’intenzione di raggiungere tutte quelle persone che dopo aver letto il suo post hanno pensato, come me: “se questo è essere cristiani io non voglio avere niente a che fare con la fede e con la Chiesa!”. A loro vorrei dire che, grazie al cielo, la Chiesa è anche altro, e avere uno sguardo autenticamente cristiano, fondato sul Vangelo, significa tutto l’opposto! Nella Chiesa c’è spazio e c’è bisogno, oggi più che mai, di gente capace di pensare liberamente, al di là degli schemi e col Vangelo in mano, affinché lo Spirito possa continuare a suscitare forme sempre nuove di vita cristiana.

9 pensieri riguardo “Cara Costanza Miriano, su Michela Murgia dimentichi il Vangelo!

  1. Carissimo, nessuna difesa d’ufficio ma alcune puntualizzazioni.

    Le premesse di Costanza Miriano su come Murgia sia arrivata a certe pubbliche posizioni, non depongono a favore del post su FB che tu citi. Entrano troppo nel personale, ipotizzano troppo su possibili cause e i risvolti sul pensiero pubblico della Murgia, ma sulle posizioni o le teorie espresse dalla medesima, si può e direi si deve dare un giudizio: era schierata su molti temi su posizioni contrarie al CCC – aborto – eutanasia – discutibili posizioni sulla sessualità – ecc. ecc.

    Su questo è necessaria un parola di chiarezza e esaltazioni “alla memoria” che la citano come fulgido esempio cosa? Una fede adulta, come usa dire oggi?

    Che lo faccia il Mondo non c’è da meravigliarsi affatto, altri, che dovrebbero vivere nel mondo ma non essere del mondo, sarebbe meglio no.

    Quanto alla parabola del buon grano e della zizzania, mi permetto altra puntualizzazione: Non è corretto affermare che il “Padrone del campo”, «per evitare di far confusione tra bene e male» lascia crescere assieme buon grano e zizzania.
    Persino il contadini al suo servizio, riconoscono bene l’uno dall’altra e se dovessimo pensare che il Padreterno possa “Fare confusione” dinanzi al campo, beh, forse mi cercherei un altro “padreterno…

    Il motivo è bene altro e lo stesso Vangelo lo spiega: «No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.» (Matteo 13,29).
    Quindi preoccupazione che anticipando questa estirpazione a prima del tempo stabilito, passa intaccare anche il grano che sta crescendo.
    Se vogliamo guardare la cosa con una visione più “salvifica” e escatologica, se in natura non è possibile che la zizzania si trasformi in grano, a Dio nulla è impossibile e anche una “creatura-zizzania”, può convertirsi in “figlio di Dio-buon grano” e questo sino al suo ultimo giorno di vita (che già è per lui/lei, Giorno del Raccolto).

    Questo per dire che nulla possiamo dire sul giudizio finale che toccherà a Murgia, ma la fede espressa è espressa con tutto, parole, opere e qualche lacuna risultava evidente, così come non ci si può esimere da indicare come zizzania (senza la pretesa di estirparla e convertirla che è opera che compete a Dio) ciò che viene seminato nel “campo” se zizzania è.

    «L’uomo naturale però non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito. 𝐋’𝐮𝐨𝐦𝐨 𝐬𝐩𝐢𝐫𝐢𝐭𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐢𝐧𝐯𝐞𝐜𝐞 𝐠𝐢𝐮𝐝𝐢𝐜𝐚 𝐨𝐠𝐧𝐢 𝐜𝐨𝐬𝐚, senza poter essere giudicato da nessuno.» (1Corinzi 2,15).

    Questo è esattamente il giudizio che compete al Cristiano, cioè a coloro che illuminati dallo Spirito (non l’Uomo della carne) non solo può ma DEVE avere discernimento e giudizio tra il Bene e il Male, non solo in proprio favore, ma nella sua funzione profetica, sacerdotale, anche in favore di chi è nell’inganno e nell’errore. sottrarsi a questo esercizio di giudizio, può essere molto grave per sé e per coloro che dio ci ha posto accanto.
    Senza pretendere di essere degli “illuminati” il discernimento sicuro viene dall’essere fedeli o meno a ciò che insegna la Chiesa, quindi quando sia chi sia si pronunzia diversamente, semina zizzania (semina del Nemico). Quindi il problema non è accettare che “sia possibile dentro la Chiesa la coesistenza di una molteplicità di prospettive che si arricchiscono a vicenda”, non quando queste “prospettive” ci portano lontano dall’unico punto focale, Cristo Gesù e la Verità proclamata nella Sua Chiesa (depositum fidei).

    Ciò che ci allontana va rigettato senza se e senza ma… non suonerà “inclusivo” (termine usato troppo spesso a sproposito), ma nuovamente la Parola di Dio non ci racconta belle favolette: «Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D’ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre…» (Lc 12, 51-53).

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    1. Grazie per il commento!
      Preciso anzitutto che l’articolo non ha l’intenzione di difendere le posizioni di Michela Murgia, che peraltro non conosco abbastanza approfonditamente per dare un giudizio.
      Non condivido personalmente l’affermazione che, di fronte a una figura come quella di Michela Murgia, ciò che è anzitutto necessario mettere in campo da un punto di vista cristiano, sia “dare una parola di chiarezza”. Io credo invece che l’atteggiamento cristiano sia quello di lasciarsi interrogare, soprattutto di fronte a una persona che non si è mai dichiarata distante dalla fede cristiana. Perché da cristiana ha fatto determinate affermazioni? Cosa consegna allo sguardo cristiano sul mondo di oggi?
      Non condivido inoltre la semplice affermazione (intesa in senso assoluto) che “il discernimento sicuro viene dall’essere fedeli o meno a ciò che insegna la Chiesa”, perché ciò che insegna la Chiesa non è dato una volta per sempre ma è in continuo divenire, perché deve saper rispondere alle sfide sempre nuove della storia. E questo è quanto Papa Francesco non smette di ripetere: “[la Chiesa] ha bisogno di crescere nella sua interpretazione della Parola e nella sua comprensione della verità” (Evangelii Gaudium 40). Il discernimento da mettere in campo è più profondo e riguarda l’inculturazione del Vangelo nel mondo di oggi, che può suscitare forme del tutto nuove di vita cristiana rispetto a ieri. Modalità nuove di vivere la stessa fede e lo stesso amore di Cristo. Forme magari impensabili ieri (la storia della Chiesa ne è piena!).
      Non si tratta di essere banalmente inclusivi. Si tratta di capire se il Vangelo può incarnarsi nell’umanità di oggi o se abbiamo deciso che è scritto per un’umanità che non esiste più. La fatica della Chiesa oggi sta tutta qui. O si va oltre, o si muore, ma non come il seme che darà frutto a suo tempo, come quell’uomo ricco che ha chiuso tutte le sue ricchezze nel suo deposito/um, ed è morto solo.

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      1. Scusa ma da dove ti verrebbe l’affermazione che “…ciò che insegna la Chiesa non è dato una volta per sempre ma è in continuo divenire, perché deve saper rispondere alle sfide sempre nuove della storia.”?

        Quindi l’insegnamento della Chiesa è opinabile, modificabile, aggiornabile?

        Lo può essere stato in alcune “prassi” (vedi ad esempio l’applicazione del Battesimo), lo è stato anche nella Liturgia (a patto che non leda il senso profondo e teologico di ciò che si celebra), ma non lo è mai stato nel suo “Depositum Fidei”.
        E questa “solidità” (la pietra scartata dai costruttori) è dovuta ad un semplicissimo fatto: il discernimento della Chiesa viene dallo Spirito Santo e dal suo essere Corpo mistico di Cristo (Col 1,24) di cui Cristo è il capo.

        La Chiesa non risponde alla “sfide della Storia”, risponde alle domande di sempre del cuore dell’Uomo, sulla Vita sulla Morte, sul Bene sul Male, sul Peccato, sulla Grazia (e si potrebbe continuare).

        O ritieni che il tuo, il mio, il sentire di qualsiasi altro gruppo o movimento nella Chiesa o a latere della stessa, sia superiore?
        Mentre il “divenire” che tu ipotizzi non è ancora un “divenuto” (cioè affermato dalla Chiesa, ammesso che mai lo sia) a cosa dovremmo affidarci?
        «Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore.» (Ef 4,14)

        La Chiesa in virtù di quanto sopra (e non in quanto comunione di uomini) ha e ha sempre avuto un sguardo profetico sull’Umanità (leggasi i tanto criticati e poco letti Documenti del CVII), sin dai tempi più antichi, difronte a eresie e sommovimenti, anche quando ha avuto Papi indegni umanamente parlando e quando ha rischiato di smarrire la Via, Dio ha provveduto a Profeti e Santi che hanno alzato la loro voce guarda caso non spingendo ad una possibile “evoluzione” verso un mondo che cambiava (a ipotetiche e vaghe “forme nuove di vita cristiana”), ma per un concreto e deciso ritorno alle radici del Vangelo, per una concreta conversione a Cristo.

        O dovremmo pensare che la Parola di Dio, gli insegnamenti di Cristo siano stati superati dall’attualità e dal progresso e che tutto sia da ridursi ad una specie di Onlus che si occupa di pratiche pie (e anche su questo la chiesa non avrebbe nulla da imparare).

        Il problema oggi non è trovare “nuove pratiche” (definire e concretizzare “nuove pratiche” giacché molte hanno semplicemente portato a scismi) è tornare all’Annuncio, alla proclamazione del Kerigma, alla denuncia del Peccato che ci porta alla morte e ci fa vivere nella sofferenza, nell’inganno. Peccato sconfitto dalla morte e resurrezione di Cristo.
        I poveri sempre li avremmo con noi, gli “ultimi” sempre verranno mesi da parte da una società che guarda solo ai propri interessi, a costoro cosa dovremmo dire o dare di “nuovo”.
        Cosa dovremmo dire o dare “di nuovo” che Cristo non ci abbia già detto o dato, quando questi poveri e sofferenti sono anche coloro che il mondo considera ricchi e potenti?
        Agli ingannati dalla sirene di questo mondo, che ha il proprio principe?

        E tu dici “o si va oltre o si muore”? Oltre cosa di grazia?
        Il pensiero della signora Murgia (il pensiero ribadisco e sulla persona non mi pronuncia) pretendeva appunto di andare “oltre”, ma un oltre non ben definito, una visone “queer” (sua definizione”) che certamente deve non scartare nessuno, ma dovrebbe aiutare tutti a tornare a Cristo, l’Unico che ci dà dimensione, l’essere , il divenire, la Salvezza (Via Verità e Luce), non a ipotizzare che tutto sia buono e lecito.

        A Cristo si può arrivare per qualsiasi strada o percorso? Forse, forse per infinita Sua Misericordia, ma se una via certa è segnata, tracciata, conosciuta, quella è da seguire, già sapendo che si passa per una “porta stretta” (Mt 7,13) e che:
        «Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! Non lasciatevi sviare da dottrine diverse e peregrine, perché è bene che il cuore venga rinsaldato dalla grazia…» (Eb 13,8-9).

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      2. Ciò che sta all’origine della nostra differenza di vedute è il modo di considerare l’uomo. Per te esistono “domande di sempre del cuore dell’uomo”. Su questo punto io non sono d’accordo e da qui discende tutto il resto. La cultura e l’epoca in cui l’uomo è inserito modificano radicalmente l’uomo stesso e le domande che si pone. Le risposte di ieri non dicono più nulla oggi. Fino a non troppi anni fa il racconto di Genesi si credeva rispondesse alla domanda sull’origine dell’universo e metterlo in discussione era impensabile. Non così oggi! Le questioni oggi sono radicalmente diverse. La fede cristiana per come la si è sempre proposta è risposta a domande che non ci sono più. Lo tocco con mano ogni giorno lavorando con gli adolescenti, ma lo sento anzitutto vero per me. In questo senso è necessario andare oltre: oltre queste risposte di sempre. Ha da dire qualcosa la fede alle domande dell’uomo di oggi (che non sono quelle di ieri e neanche quelle di domani!)? Io credo di sì! E molto! Per questo interrogo il mondo di oggi (Michela Murgia, ad esempio) per cogliere le domande e provare a trovare nel Vangelo risposte coerenti con l’annuncuo di Gesù.
        “Il sabato è fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato”: la pretesa di adeguare l’umano a una dottrina non è cristiano ed è fallimentare. “Lo Spirito soffia dove vuole”: anche dove oggi ci pare impensabile. Questo è per me motivo di grande speranza!

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      3. Le vere domande dell’uomo sono quelle “ontologiche” e sono sempre le stesse.
        Non sono le domande e le risposte contingenti o attuali o future a cambiare il cuore dell’Uomo.
        La tua affermazione finale (anche se l’appoggi ad un passaggio scritturale) è quanto meno rischiosa e si riferiva alla Legge di Mosè (dovresti saperlo) portata a compimento ma non annullata da Gesù Cristo:

        «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento.
        In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto.
        Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli.»
        Matteo 5,17-19

        Come vedi non c’è contrasto (se non apparente e se non si scende in profondità) e il versetto 19 è piuttosto chiaro.
        La legge poi è illuminata da tutta la Patristica e la Tradizione (come il Nuovo Testamento illumina l’antico ma in Esso trova fondamento), non basta avere in mano il Vangelo e scandagliarlo in cerca di risposte al che ne potrebbe derivare la tua affermazione:

        “La fede cristiana per come la si è sempre proposta è risposta a domande che non ci sono più.” Affermazione pesante!
        Quindi quale è la tua fede visto che Essa non avrebbe più risposte??

        Lavori con gli adolescenti (io con gli adulti) e cosa gli annunci? Forse che le loro domande profonde non sono : perché vivo, perché muoio? Perché la sofferenza? Perché il male? Perché non mi sento amato? Conosco le loro domande contingenti (molte girano attorno alla sessualità e anche qui le risposte a conoscerle ci sono e vanno oltre la fisicità dei problemi). Forse sei tu che non hai risposte (mi spiace dirlo), non la Chiesa o il Vangelo o un Fede che non sai ben definire.

        Chiudiamo con la prima lettura della Liturgia di oggi:

        Dal libro del profeta Ezechièle
        Ez 33,1.7-9

        Mi fu rivolta questa parola del Signore:
        «O figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia.
        Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te.
        Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato».

        Parola molto seria e concreta, salvo stabilire quale sia il pensiero e il comportamento iniquo – e guarda che tralascio volutamente la valutazione del “malvagio” in quanto tale, dato che anche io mi posso trovare tra costoro quando scelgo il peccato.
        Ma ecco che quanto al discernimento, su cosa sia iniquo, quali i peccati che portano alla malvagità, tutto oggi sembra “liquido”, variabile, confutabile (le tue parole lo dimostrano) e qui “casca l’asino” si potrebbe dire.

        La questione è: Dio ti ha posto a sentinella? Pastore, guida, educatore?
        Poniti prima di tutto in ASCOLTO perché è Dio che ti parla («Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia…») e la Sua Parola e se hai dubbi, domande senza risposta, scandaglia oltre alla Scrittura, la Sapienza della Chiesa o meglio tacere se diviene “farina del mio sacco”, dottrina di uomini.

        Questa prima lettura è ben illuminata, ma non annullata, dalle seguenti – che non sto qui a citare – e innestata nella Carità, nell’Amore, ma questo non significa che “tutto è buono”, ma significa stare nella Verità, richiamare l’Uomo alla Verità (che è poi Cristo).
        Perché questo è il sommo Bene e Amore che si può avere per il nostro Fratello.

        Se questa Verità, traballa, non è solida, poco chiara, se ancora ne sei alla ricerca (domande e risposte che mancano), come potrà un cieco (o molto miope) guidare un altro cieco?

        Ti lascio, direi che ho già abusato abbastanza della tua pazienza.
        Preghiamo l’uno per l’altro, il resto è in “mano” allo spirito Santo.

        P.S. quanto alle domande (una su tutta la ricerca di Dio e quella “sete d’infinito” che portiamo inscritta nel cuore) si potrebbe ripartire dal CCC che ti invito a rileggere:
        https://www.vatican.va/archive/catechism_it/p1s1c1_it.htm#I.%20Il%20desiderio%20di%20Dio

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      4. Chi sei tu per dire quali domande sono vere e quali no? Questa sì che è affermazione pesante e arrogante!

        La legge di Mosè, che nel Vangelo si dice “non passerà un solo iota…” Pietro e Paolo di fatto l’aboliscono: via la circoncisione, via il sabato, via le norme di purità: di cosa stiamo parlando? Il contrasto c’è eccome!

        La mia fede è la fede nel Dio che la vicenda di Cristo svela. Il Dio amore che raggiunge ogni persona lì dov’è, così com’è, e l’accompagna a vivere essa stessa la sua vita nell’amore, nel dono di sé. Questo credo e questo annuncio.

        Quanto all’ascolto, è necessario metterlo in campo sia nei confronti della Parola, sia nei confronti del mondo: cogliere i segni dei tempi, lasciarsi evangelizzare dai poveri (Evangelii Gaudium). La Parola non è unidirezionale, ma è dialogo di Dio con l’uomo, non senza l’uomo. Per questo è un cammino sempre nuovo.

        Ti ringrazio per questo confronto, ricco di parresia, ma bello e stimolante. Un’altra cosa di cui sono convinto è che non è necessario nella Chiesa pensare tutti allo stesso modo, per cui va bene così!
        Assicuro la preghiera. Al prossimo confronto!

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  2. Ma io non mai parlato o fatto distinzioni tra domande “vere o false”, semmai sono andato alla radice delle domande facendo delle distinzioni (quindi accusa infondata) e su queste distinzioni vedo no entri nel confronto.

    Detto questo, rinnovo i miei saluti… alla prossima 😉

    Detto questo

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    1. Sarebbe bello un confronto in altra forma. Rispondere a commenti peraltro piuttosto lunghi non aiuta a cogliere tutti gli aspetti e rispondere adeguatamente.
      Ricambio il saluto! Alla prossima.

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