Mi impressiona che, per far sì che io oggi possa sedermi sul mio divano a guardare i mondiali, siano morte 6500 persone.
È qualcosa di fronte alla quale mi sento totalmente impotente. Sarebbe facile lavarmi la coscienza scegliendo di boicottare le partite (tanto l’Italia non c’è…). Ma nessun boicottaggio riporterà in vita quelle persone.
Forse questo mondiale invece va guardato tutto, fino in fondo, senza perdersi un singolo fotogramma. Va guardato con rabbia. Con dentro il grido dell’ingiustizia. Dando risonanza dentro di sé a questo grido. Dedicando i 90 minuti di ogni partita ad ascoltarlo: 6500 persone hanno perso la vita per… questo!
Scelgo di non sottrarmi a questo grido. Ho 64 partite per assimilarlo e farlo mio. E spero di ricordarmene ogni volta che sarò io, in prima persona, tantato di essere protagonista di ingiustizia.
Author GCossovich
Cosa insegna il conflitto Fedez-Ravagnani?
La settimana scorsa è andata in scena l’ultima puntata della telenovela Fedez-Ravagnani, il famoso rapper e il “prete influencer”, che abbiamo peraltro ospitato su Vinonuovo.it nel nostro primo webinar. Nell’ultimo episodio di Muschio Selvaggio, noto format di Fedez su Youtube, al quale Ravagnani partecipò come ospite, il rapper e i suoi interlocutori hanno rivolto una serie di insulti gratuiti a don Alberto, mandati in onda bippati ma del tutto comprensibili. Don Alberto ha risposto col suo stile, attraverso un video che prova a dare un risvolto educativo alla vicenda, portando la riflessione sul tema del bullismo online. Ma come si è arrivati a questo punto? E soprattutto – più interessante – cosa dice questa vicenda dell’esperimento coraggioso realizzato da don Alberto di esportare nel mondo degli influencer il dialogo/dibattito intorno alla fede e alla religione? Azzardo qualche riflessione, precisando subito che ciò che prendo qui in considerazione è solo ed esclusivamente quella parentesi dell’attività di don Alberto – nel complesso molto più variegata e ricca di progetti interessanti (si veda ad esempio “LabOratorium”, presentato qualche settimana fa) – nella quale provò ad aprire un dialogo con Fedez.
Ho seguito con molto interesse questo esperimento. Mi ha sempre intrigato la sfida dell’inculturazione digitale del cristianesimo, ossia l’utilizzo di internet e in particolare dei social network come strumento di evangelizzazione. Da questo punto di vista Ravagnani è senza dubbio un pioniere, non tanto per il fatto di esserci sul web come prete ed evangelizzatore, quanto per il linguaggio e lo stile che ha messo in campo, ispirato ai più efficaci comunicatori social (lui stesso in un’intervista disse di aver preso spunto in primis da Marco Montemagno).
Fu don Alberto, all’inizio della sua avventura di prete-youtuber, a contattare Fedez su Instagram, chiedendogli la disponibilità a collaborare, avviando così uno scambio su tematiche inerenti la religione; inizialmente a distanza, tramite stories di Instagram e video su Youtube, poi dal vivo, a Muschio Selvaggio e su Twitch. Per motivazioni non del tutto chiare (le versioni dei protagonisti divergono) si arrivò, nel maggio del 2021, a una rottura tra i due piuttosto traumatica, i cui strascichi, come testimonia la vicenda degli ultimi giorni, permangono e pongono la legittima domanda sull’opportunità di questa collaborazione.
Da un lato è innegabile che se don Alberto ha ottenuto il seguito e la rilevanza che ha da un punto di vista mediatico, lo deve anche all’effetto traino che la collaborazione con Fedez gli ha garantito. Interloquire su Instagram con un personaggio da 14 milioni di follower, comparire sui suoi canali, ha certamente contribuito a dare a Ravagnani la visibilità necessaria per emergere sui social. Indipendentemente da come è andata a finire è indubbio che l’operazione Fedez per Ravagnani abbia rappresentato un investimento importante dal punto di vista mediatico e va dato atto al giovane prete milanese di possedere e saper utilizzare bene quella scaltrezza evangelica, elogiata da Gesù, propria di chi sa “farsi amici (follower in questo caso) con la ricchezza disonesta”.
Ciò detto, personalmente credo che nel tentativo riuscito di approcciare Fedez, l’intenzione di don Alberto non fosse primariamente quella di intentare un’operazione mediatica. Credo fosse sinceramente mosso dal desiderio di testimoniare la fede in Gesù nel dialogo con Fedez, di mostrare con la sua testimonianza che una certa rappresentazione della fede cristiana, che Fedez più volte ha esternato, è caricaturale, non coglie l’essenza e la bellezza che un’esperienza di fede genuina porta con sé. Ma l’obiettivo di far risuonare nella sua genuinità l’annuncio cristiano attraverso un dibattito mediato dalle piattaforme social, personalmente credo che don Alberto, nel dialogo con Fedez, non sia riuscito a raggiungerlo. Per un motivo che è anzitutto strutturale.
Il desiderio di dialogo si scontra con degli strumenti – i social – che invece di aiutare la convergenza tra punti di vista diversi, favoriscono la contrapposizione. Nei dibattiti con Fedez e gli altri ospiti (si veda la puntata n. 35 di Muschio Selvaggio o la diretta che lo ha visto ospite su Twich) don Alberto appare risucchiato dalla necessità di controbattere alle affermazioni degli altri protagonisti, e le tematiche sulle quali viene interpellato, prevedibilmente, non riguardano il cuore della testimonianza cristiana (l’incontro con Gesù), ma ciò che la mentalità comune è curiosa di sapere parlando con un prete: quello che pensa sul celibato, sul sesso, sull’omosessualità, sulle bestemmie… Don Alberto non riesce quasi mai in questo contesto a parlare di Gesù e del suo incontro personale con lui. È costretto dai suoi interlocutori a discutere e difendere “quello che dice la Chiesa”, senza avere la possibilità di fare un passo in una direzione diversa, sostanzialmente perché il format non lo consente.
Di più: lo strumento non permette di argomentare e approfondire come sarebbe necessario nemmeno le tematiche trattate. La posizione della Chiesa sulla sessualità, ad esempio, è complessa e articolata. Tale complessità, i tempi stretti e il controbattere costante tipico di questo genere di format, non danno la possibilità di percorrerla. Il livello della discussione rimane inevitabilmente, per così dire, sul piano della “logica del mondo”: perché se mi piace una persona non posso andarci a letto liberamente? Perché una donna non può scegliere di abortire? Perché la pornografia non va bene? Una risposta autenticamente cristiana a questi interrogativi non può limitarsi a mostrare che “è giusto così” per ragioni sociali, psicologiche, etiche… Deve mettere in gioco la dimensione della fede: io sono cristiano perché nella mia vita ho incontrato lo sguardo d’amore di Gesù che ha suscitato in me il desiderio di amare come lui ha amato: questo motiva la morale cristiana. Ma a questo livello di profondità, i dibattiti tra don Alberto e Fedez non possono arrivare, rendendo perciò impossibile far emergere il senso autentico dell’essere cristiani e far percepire agli interlocutori di don Alberto la radice profonda delle sue convinzioni. Le sue affermazioni appaiono così come semplici opinioni, che per definizione sono opinabili.
Evangelizzazione è testimonianza dell’incontro personale con Gesù e di come questo incontro cambi la vita, rendendola evangelicamente ricca e feconda. Gli evangelisti per tradurre questa testimonianza in un testo scritto dovettero inventare un genere letterario nuovo, che non esisteva – il Vangelo – ritenendo verosimilmente inadatti allo scopo i generi letterari preesistenti. Personalmente credo sia importante e fecondo esplorare i social sperimentandoli come strumento di evangelizzazione, ma la traduzione della testimonianza cristiana in questo tipo di linguaggio chiede probabilmente a sua volta l’invenzione un format nuovo, adatto allo scopo, diverso da quelli esistenti. Un format che a mio parare ancora non c’è.
*L’immagine di apertura è presa dal profilo Instagram @donalberto_rava
Risposta a Enzo Bianchi, sulla crisi della fede
L’articolo di Enzo Bianchi apparso lo scorso 23 maggio su Repubblica ha il pregio di mettere in luce in poche righe gli elementi realmente in gioco nella crisi che il cristianesimo e la Chiesa in Italia stanno vivendo.
Di fronte allo smarrimento prodotto dalle chiese vuote, che caratterizzano la (non) ripresa della vita comunitaria ecclesiale dopo lo stop impostato dalla pandemia, fratel Enzo ha il coraggio di riconoscere che le argomentazioni con le quali veniva normalmente spiegato il calo della partecipazione dei fedeli alla vita della Chiesa, da sole non reggono più: “secolarizzazione, mutamento di vita nella società del benessere, consumismo, relativismo morale” non sono sufficienti a spiegare un’accelerazione così dirompente nell’abbandono della pratica religiosa, soprattutto nella fascia giovanile e adulta. C’è in atto qualcosa di più serio e profondo, che lui identifica in una crisi di fede dentro la Chiesa, in particolare riguardo la risurrezione e la vita oltre la morte: “Se non si crede che Gesù Cristo è vivente, è risorto da morte e ha vinto la morte, che ragione c’è a professarsi cristiani? Se non si crede che la morte è solo un esodo, che ci saranno un giudizio sull’operato umano e una vita oltre la morte, perché si dovrebbe diventare cristiani e perseverare in questa appartenenza?” scrive.
Personalmente condivido l’intuizione di Enzo Bianchi, ma credo vada approfondita. La mancanza di fede che denuncia, credo nasconda una questione più radicale, che riguarda la capacità del cristianesimo di presentarsi come opzione credibile e significativa per l’umanità di oggi, dentro e fuori la Chiesa. Il tema vero non è la mancanza di fede nella risurrezione e nella vita oltre la morte ma che dimensioni proprie della fede, quali risurrezione e vita oltre la morte, non siano più percepite da parte delle donne e degli uomini di oggi come rilevanti nel contribuire a dare significato alla vita. Di fronte ad esse la questione oggi non è credere o non credere, ma una domanda ancor più radicale: fosse anche vero, cosa me ne faccio?
Il tema serio che, a mio avviso, la Chiesa non si è ancora davvero posta è la constatazione di come il cambiamento d’epoca che stiamo vivendo porti con sé un mutamento dei luoghi esistenziali in cui uomini e donne cercano e trovano il senso per la propria vita. La domanda di senso non è sopita – come teme Enzo Bianchi – ma si esprime e si indirizza altrove rispetto a prima, facendo sì che le risposte di un tempo risultino non più pertinenti. Da questo punto di vista la proposta di fede cristiana, ad esempio per quel che concerne il tema della risurrezione e della vita oltre la morte, viene percepita, nelle fasce giovanili e adulte, come risposta a una domanda che non c’è, come offerta di uno strumento utile a qualcosa che nel contesto della vita occupa oggi una posizione irrilevante. Sta qui la radice dell’evidente sterilità di tanti sforzi pur generosamente profusi – riconosciuta lucidamente da Enzo Bianchi – e della riduzione del cristianesimo a etica e spiritualità senza passare per la fede, percepita come superflua.
Il punto critico però non sta nella proposta cristiana in quanto tale: la fede ci consegna la certezza di un Dio che non smette mai di rivolgere alle donne e agli uomini di ogni tempo la sua Parola che feconda e vivifica. Se ciò che come Chiesa proponiamo risulta sterile e incomprensibile, significa che siamo noi cristiani a non riuscire a cogliere quale Parola Dio stia rivolgendo all’umanità di oggi. Da questo punto di vista serve un cambiamento di prospettiva. Siamo abituati a pensare che essere cristiani significhi credere e condividere qualcosa di fisso e sempre uguale nel tempo. Se questo è vero per i contenuti fondamentali della fede, non lo è per ciò che riguarda l’apporto specifico – la particolare Parola – che la fede offre agli uomini e alle donne in epoche diverse. Lo stesso messaggio in contesti diversi svela ed assume specificità e significati diversi. La domanda è: quali specificità e significati nuovi svela ed assume il Vangelo di Gesù nel contesto dell’umanità di oggi? Per l’umanità di oggi?
Per rispondere è necessario intraprendere una riflessione che vada a cogliere in profondità le direzioni verso le quali si orienta la domanda di senso delle donne e degli uomini oggi; riflessione che, evidentemente, non può essere condotta in modo teorico, ma attraverso l’immersione nel mondo e nei vissuti delle persone (come non smette di chiedere Papa Francesco). Quale Parola invocano questi vissuti? Quali orizzonti nuovi? Quali speranze? E cosa della fede cristiana è capace di intersecarsi, di intercettare tutto questo?
L’ultimo passaggio di questo percorso sarà il più impegnativo: servirà riformulare senza ambiguità la proposta cristiana mettendo al centro la Parola che Dio rivolge all’umanità oggi; rivedere le prassi, tenendo conto della realtà concrete della vita, al di là di ogni pur bellissima idea non più praticabile; reinventare tutto quello che, a partire dalla liturgia, appare distante e incomprensibile.
Vita sotto le bombe
Sotto un cielo illuminato da bombe,
in una città assediata dal nemico,
dentro cunicoli, unico possibile rifugio,
d’un tratto tutto tace:
sopra i boati, le raffiche, gli spari, le urla,
un vagito.
Il grido della vita, che si ribella,
ostinandosi a rinascere.
Aiuto! Non so più per cosa devo pregare!
Lo ammetto, ho un problema, non ci dormo la notte e non so come uscirne.
Tutto è iniziato verso la fine di aprile, quando si è diffusa la voce che il Papa avrebbe proposto nel mese di maggio la maratona di preghiera per la fine della pandemia. Lì per lì non ci ho dato molta importanza, il Papa chiede di pregare per un sacco di cose per cui in definitiva una vale l’altra. Poi però è arrivato il fatidico primo maggio e sono iniziati i problemi. No, Fedez non c’entra, è che, da buon cristiano mi sono messo devotamente anch’io a snocciolare la corona e…
Lo so, probabilmente a voi sembreranno questioni di poco conto, cosucce da niente, e sì, certo, se il Papa dice una cosa lo si asseconda senza discutere, come ci insegnano da sempre a fare i più tradizionalis… vabbè, ce lo insegnavano per lo meno. Ma io sono un po’ contorto, mi sorgono dubbi, domande, probabilmente inopportune… A metà della prima decina – era di sabato, misteri gaudiosi – inaspettate come Gabriele in casa di Maria, prendono forma nella mia mente queste poche pungenti parole: per cosa sto pregando?
Certo, il titolo della locandina del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione è chiarissimo: “Recita del rosario per invocare la fine della pandemia e la ripresa delle attività sociali e lavorative”. Ma, mi dicevo, davvero Dio ha bisogno della mia preghiera per cacciar via il virus e ristabilire lo status quo? Cos’è, distratto, addormentato, che non ci pensa lui sua sponte? Mi figurai Dio seduto sul trono della sua gloria, circondato dagli Angeli e dai Santi, che dormiva. Accanto aveva un campanello, collegato a un immenso vaso. Le preghiere di tutte le persone del mondo erano gocce che riempivano il vaso e il campanello sarebbe suonato a svegliare Dio solo quando il vaso si fosse completamente riempito. È così che funzionava? Più ci pensavo più mi sembrava inverosimile, ma non trovando una risposta alternativa feci di tutto per scacciare i miei dubbi e continuare il mio rosario in ossequio al dettame papale.
L’altro giorno però tutti i miei sforzi furono di botto vanificati! Apro il sito di Famiglia Cristiana e leggo il titolo di un’intervista a Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio di cui sopra, che recitava, testuale: “Preghiera, non magia”.
Ora, capiamoci, io non ho mai pensato che il Papa ci chiedesse di pregare per ottenere una magia. Tutt’al più per chiedere, chessò… un miracolo… che Dio cioè intervenga a sistemare le cose, come ha fatto, ad esempio, il 13 maggio di quarant’anni fa salvando Giovanni Paolo II dall’attentato (è sbagliata questa idea?). Che differenza ci sia tra un miracolo e una magia francamente, non essendo un teologo, farei fatica a spiegarlo, ma senz’altro dev’esserci altrimenti si chiamerebbero allo stesso modo. In ogni caso, quell’intervista ha soffiato sul fuoco dei miei dubbi: il Papa ci chiede di pregare affinché Dio faccia finire la pandemia o per qualcos’altro?
Il resto dell’intervista, sarò io, ma non mi è stato di aiuto, anzi se possibile mi ha mandato ancora più in confusione. Si parla della preghiera come “esigenza profonda di spiritualità che è nel cuore di ogni persona” – e d’accordo, ci mancherebbe – come “grido d’amore che va verso Dio” e anche qui nulla da dire; ma tutto questo, se la preghiera non è fine a sé stessa (cosa che escludo), per chiedere cosa?
Verso la fine, mi è parso di capire, si accenna a una risposta, quando SER (Sua Eccellenza Reverendissima n.d.r.) afferma: “si prega per un’intenzione particolare: per l’umanità ferita, per i defunti, per coloro che non hanno potuto salutare i cari, per i contagiati, per le donne che attendono un bambino, per quelle che hanno subito violenza, per gli imprenditori, i lavoratori, gli insegnanti. L’idea di fondo è che dove c’è una situazione di dolore c’è anche il desiderio di chiedere la forza per venirne fuori e, nonostante tutto, riprendere la vita e recuperare il tempo perduto”. Intende dire che pregare per la fine della pandemia non significa chiedere a Dio di farla finire, ma domandare la forza di ripartire per le donne e gli uomini toccati da essa? Non so se ho capito…
In ogni caso alla fine ci ho rinunciato. Sono andato avanti a recitare il rosario ogni giorno pregandone metà perché la pandemia finisca e metà perché Dio dia forza alle persone, consapevole che così facendo però le gocce della mia preghiera sarebbero finite in due diversi vasi al cospetto di Dio, comportando con ciò un inevitabile ritardo per entrambe le intenzioni…
Se qualcuno di voi avesse una risposta da darmi gliene sarei sinceramente grato! Anche perché negli ultimi giorni si è fatta strada in me una paura che, se corrispondesse al vero, sarebbe piuttosto preoccupante: non è che metà dei cristiani crede in un Dio che, se pregato a dovere e comunque per motivazioni sue imperscrutabili, interviene nella storia a sistemare le cose, mentre l’altra metà crede che Dio agisca sì nella storia, ma facendosi presente nel cuore delle donne e degli uomini che con la preghiera si mettono in ascolto della sua Parola e traggono la forza per essere loro presenza di Dio nel mondo? Non è che, consapevoli di questo, i Reverendi Monsignori giochino a dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte, nel tentativo di tenere insieme capra e cavoli?
Ma cosa mi viene mai in mente?! Scusate, è senz’altro tutto frutto della mia immaginazione!
Condivido una serie di post che ho scritto in occasione della quaresima 2021 per i portali social della Diocesi di Milano. Il tema che mi era stato chiesto di approfondire attraverso sette post, da pubblicare uno per ciascun giorno della settimana, era la conversione. Ne è uscito questo:
Primo giorno

Perché mi guardi strano? Sono Dio. Sì, con la D maiuscola.
Esatto, proprio lui! Il creatore del cielo e della terra, il principio e la fine, l’onnipotente… e tutto il resto. Sono io, Dio!
Che dici? Non ti aspettavi di trovarmi qui? A dirla tutta neanch’io, ma sai, i tempi corrono… di roveti da ardere 🔥 ce n’è sempre meno, gli angeli 👼 sono passati di moda, mi sono dovuto adeguare…
Hai ragione comunque, di solito me ne sto più sulle mie… a ‘sto giro però faccio un’eccezione. C’è una cosa di cui ti vorrei parlare, sì sì, proprio a te! Una parola che, sono sicuro, appena te la dico farai un salto sulla sedia: CONVERSIONE!
Visto? No, Tranquillo – o tranquilla (sai, di solito parlo con gli angeli ed è una gran fatica per me declinare il maschile e il femminile, so che siete diventati permalosetti al riguardo ma non volermene se mi dimentico…) – non ho in mente di scatenare il diluvio 🌧️. Nemmeno di mandare cavallette 🦗, rane 🐸 o altra robaccia simile. Perché mi pensi sempre come uno che se ne sta lì a pretendere cose col fucile puntato?
CONVERSIONE non è una minaccia, CONVERSIONE è… un’occasione! Ma ti vedo un po’ stranito, hai la faccia di uno che ha bisogno di schiarirsi un po’ le idee… “Vieni e seguimi” questa settimana su questi canali, ci sarà da convertirsi!
Secondo giorno

Sì, è tutto vero, non era un’allucinazione! Se scrolli i post di questa pagina trovi ancora il mio di ieri che ti ha tanto destabilizzato…
Ricordi la parola? CONVERSIONE! Dai, non fare così, c’è di peggio sai! No, rasserenati, userò metodi meno cruenti stavolta. Nessuna caduta da cavallo 🏇, promesso! Nemmeno pensieri suicidi. Con l’Innominato 🙊 mi sono fatto prendere un po’ la mano, ma sarò più prudente con te, davvero.
Comunque sono abituato a questa diffidenza quando pronuncio la parola CONVERSIONE. È incredibile sai: finché si tratta di trovarsi insieme, scambiare quattro chiacchere, una bella messa concelebrata per il clero, un bel rosario con gli anziani 👵🏻, un bel raduno per i ragazzi, un bell’aperitivo 🥂 con gli adulti – in oratorio o via Zoom non fa grande differenza – c’è il pienone! Ma appena pronuncio quelle undici lettere fatidiche o qualcosa di simile, VIA, si dileguano tutti!
Ovviamente lo so che è una facciata, che la maggior parte della gente, anche se apparentemente fugge la CONVERSIONE come la peste 😱, dentro di sé ci lavora su mica male. Lo so perché – ma non dirlo in giro – sono io che supervisiono il cantiere. È come un motore sai, ce l’hai dentro e gira, gira, gira … anche mentre dormi… Prende sogni, lacrime, parole… impasta tutto insieme… è il motore della CONVERSIONE!
Beh, che fai ora? Smetti di guardarmi inebetito. Piuttosto, dì un po’: com’è messo il tuo motore?
Terzo giorno

BASTA PER FAVORE! 🙏
Lo so, hai ragione, sono stato io ieri a chiederti di parlarmi di te, ma con questo non intendevo spronarti a riversarmi addosso tutti i mali della tua vita 😱 (che peraltro – essendo onnisciente – già conosco discretamente bene, non credi?).
Invece niente, sei partito in quarta a raccontarmi tutti i tuoi problemi insormontabili, tutte le cose che vorresti convertire ma proprio non riesci (qui peraltro c’è una precisazione da fare ☝️: stiamo parlando della TUA CONVERSIONE, non di quella di tuo marito, tua suocera, tuo figlio, tuo cugino, tua sorella, tua nonna… ci siamo capiti?)… e le ferite che ti porti dietro… e le persone sbagliate… le scelte affrettate… gli errori che hai fatto… i torti che hai subito… le situazioni che non hai scelto e ti sono capitate addosso…
Posso dirtelo? A volte sopravvaluti le mie pretese. Chi ti ha messo in testa l’idea che quando dico CONVERSIONE pretenda che tu risolva tutti i casini della tua vita? CONVERSIONE è una cosa molto più semplice: è… cambiare occhiali 🕶️.
Vieni qui, tieni, prova questi. Che, non ti piace la montatura? Suvvia, metti su e guarda un momento…
Ecco qua, questa è CONVERSIONE: vedi? La tua vita è sempre un casino, ma è un casino amato.
Quarto giorno

Pensavi di esserti liberato di me? E no, non è finita qui! Gli occhiali… scoprire che la tua vita è amata con tutti i suoi casini – sì, anche quello lì! – è solo il primo passo.
La questione è molto semplice, meccanica direi. Nel motore della CONVERSIONE quell’amore che hai scoperto funziona da combustibile 🛢️. Tanto più amore c’è, tanto più il motore gira. Il problema è quando invece dell’amore nel serbatoio ci metti altro, allora il motore grippa, singhiozza, si inceppa, si impianta e tu resti fermo 😭. Questo è importante: controllare bene il carburante che usi! Ma se vai di amore, puro, senza scorie, il motore gira e gira e gira, fino a che a te viene voglia di… – sei pronto? Tieniti forte… aggrappati alla sedia 🪑… assicurati di essere solo perché potresti per qualche istante non rispondere di te… – …CAMBIARE! No, non cambiare occhiali, cambiare tu!
Ehi… Ci sei ancora…? C’è qualcuno in linea…? Mi sembra di essere in DAD💻 … Ah, rieccoti! Tranquillo, no, no, va bene, oggi non infierisco oltre, promesso! Lo so, l’unico cambiamento che vorresti fare in questo momento è cambiare Dio, ma non è un problema, davvero…
Sai che ti dico? Hai bisogno di CAMBIARE la tua idea di CAMBIARE!
Quinto giorno

Ehi… ehi… guarda che ti ho visto, è inutile che ti nascondi… Dai, vieni qui… Lo so, quella parola che ti ho detto ieri ti ha traumatizzato, ma tranquillo, no, non la ripeto… d’accordo… senz’altro… promesso 🤞 …
CAMBIARE!
Ah 🤣🤣 … No, dai, torna qui! Non fare così… scherzavo… Vieni, siediti un attimo… lascia che ti spieghi…
Sai perché CAMBIARE ti provoca così tanta repulsione? Perché tu hai in mente me che dico: “Convertiti!”, “Cambia!”, “Smetti di fare quello!”, “Inizia a fare quest’altro!”. Oppure non me, qualcun altro: i tuoi genitori se sei giovane, tuo marito, tua moglie, il tuo capo se sei adulto, i tuoi figli se sei anziano, il tuo don se sei catechista, il tuo vescovo se sei prete, la superiora se sei suora… La solfa è sempre quella: qualcuno pretende che tu cambi e a te questa cosa fa salire la bile 😤.
C’è una buona notizia: puoi non dar retta a nessuno di loro! Perché CONVERSIONE non significa cambiare perché te lo dice qualcuno, nemmeno quando sei tu quel qualcuno. CONVERSIONE è un motore che non funziona a comando, funziona ad amore. CONVERSIONE è quando a spingerti a cambiare è soltanto voler amare. Quando dentro di te percepisci il desiderio, l’esigenza di rispondere con l’amore all’amore.
Sesto giorno

Sì, dimmi pure, ti rispondo… Oh, vedo che cominciamo ad ingranare! Inizi a farmi domande sensate 🔝!
Beh, ovvio, l’amore per il motore della CONVERSIONE lo trovi al distributore ⛽! Ce n’è diversi sai… Ci sono le persone che ti vogliono bene: sono delle stazioni di servizio pazzesche quando sei in riserva. E poi succede una cosa unica da loro: ti ritrovi ad essere insieme serbatoio da riempire e distributore.
Il benzinaio più vicino però è la preghiera. Beh? Perché fai quella faccia? No, ma che dici? Chi ti ha messo in testa ‘sta cosa? Quello non è pregare! Pregare è fare il pieno di amore! È… come fumare 🚬! Che? Non fumi? Vabbè, conoscerai un fumatore… Le prime volte tossisci e ti dici: che è ‘sta roba? Non lo rifarò per niente al mondo! Poi ci ricaschi, una, due, tre volte… e a un certo punto ci prendi gusto… finché arriva il momento che non riesci più a farne a meno, perché hai bisogno di avere in circolo la tua dose quotidiana di amore.
Capita a volte però che il motore della CONVERSIONE non giri bene, sia un po’ ingolfato… se succede quello che ti serve è un buon meccanico! Ce n’è tanti di bravi, sai, spesso nascosti: uomini, donne, preti, suore, scegli tu! No, può essere anche un non fumatore 🚭. L’importante è che sia esperto di questo motore.
Settimo giorno

No, è inutile che insisti, un post al giorno per sette giorni è più che sufficiente! Ho lavorato più a ‘sto giro di quando ho creato il mondo, lì in sei giorni me l’ero cavata 😅 …
Il mio intento era parlarti di CONVERSIONE, ma come al solito sono riuscito a parlare soltanto di amore. È un mio limite sai… Qualsiasi cosa ho in mente di fare alla fine riesco solo ad amare…
Ah, mi hai beccato 🤭! È proprio così! CONVERSIONE vuol dire diventare anche tu, come me, capace solo di amore. No, non devi preoccuparti se non ci riesci sempre sempre… Lo so che sei uomo, di Dio – modestamente – ce n’è uno solo 😎. L’importante è che ogni volta riaccendi il motore e ti rimetti in pista. È anche una questione di allenamento, sai? Man mano che ingrani senti l’amore scorrere e se vai avanti ti inizia a travolgere, come un fiume in piena… lo vedi abbattere muri, steccati… tramutare ogni volta situazioni in occasioni… cambiarti cuore, mente, sguardo… dove c’era indifferenza ora c’è attenzione e cura, dove c’era superficialità ora c’è consapevolezza, dove c’era egoismo ora c’è condivisione, dove c’erano voragini ora ci sono ponti, dove c’erano macerie ora ci sono ponteggi, dove c’era amarezza ora ci sono lacrime belle… è il motore che gira!
Prima di salutarti ho però da chiederti un favore personale 🙏: faresti un po’ di pubblicità in giro al mio amore? Te ne sarei grato, anche questo è un modo di amare. Se lo farai però, presta attenzione! Per andare a segno anche il tuo parlare di me potrebbe aver bisogno di CONVERSIONE!