Mi impressiona che, per far sì che io oggi possa sedermi sul mio divano a guardare i mondiali, siano morte 6500 persone.
È qualcosa di fronte alla quale mi sento totalmente impotente. Sarebbe facile lavarmi la coscienza scegliendo di boicottare le partite (tanto l’Italia non c’è…). Ma nessun boicottaggio riporterà in vita quelle persone.
Forse questo mondiale invece va guardato tutto, fino in fondo, senza perdersi un singolo fotogramma. Va guardato con rabbia. Con dentro il grido dell’ingiustizia. Dando risonanza dentro di sé a questo grido. Dedicando i 90 minuti di ogni partita ad ascoltarlo: 6500 persone hanno perso la vita per… questo!
Scelgo di non sottrarmi a questo grido. Ho 64 partite per assimilarlo e farlo mio. E spero di ricordarmene ogni volta che sarò io, in prima persona, tantato di essere protagonista di ingiustizia.
Category Sguardi
Vita sotto le bombe
Sotto un cielo illuminato da bombe,
in una città assediata dal nemico,
dentro cunicoli, unico possibile rifugio,
d’un tratto tutto tace:
sopra i boati, le raffiche, gli spari, le urla,
un vagito.
Il grido della vita, che si ribella,
ostinandosi a rinascere.
Sul Corriere di oggi Gramellini scrive:
” Provate a calare nel lockdown i due adolescenti più famosi della letteratura, Romeo e Giulietta. Nella Verona di questi giorni non si conoscerebbero neanche: Romeo non riuscirebbe a imbucarsi in casa Capuleti, neppure se fosse munito di regolare autocertificazione. Così resterebbe congelato nelle sue passioni sbagliate ma conosciute, finendo per andare a prendere inutilmente freddo sotto il balcone della sdegnosa Rosalina, purché entro e non oltre le dieci di sera. Probabilmente lui e Mercuzio si ubriacherebbero di continuo e andrebbero a fare a botte con la banda rivale per dare un senso alla noia. Certo, i due amanti non morirebbero più per le conseguenze del loro amore. Però morirebbero dentro, per non averlo vissuto”.
E però mi chiedo: la vita è un treno che passa una volta sola e se lo perdi – per negligenza tua o per contingenze che non dipendono da te – sei condannato inesorabilmente a “morire dentro”? Oppure questa vita che ci abita è più forte della nostra fragilità, è capace di farsi strada tra le piccole fessure che anche la peggiore situazione lascia aperte, e trova il modo di fiorire?

Normalmente si postano foto della neve appena caduta, quando il suo manto bianco ricopre ogni cosa di perfezione, in un incanto sempre nuovo.
E il prato, l’erba, i fiori, si fotografano in primavera, quando tutto è rigoglioso ed esplode di bellezza.
Ma a ben vedere per la maggior parte del tempo la natura rimane spoglia, imperfetta, brutta. Nel mezzo di un non più e un non ancora. E guardandola così, viene da pensare al passato, ricordando com’era, o anticipare il futuro, immaginando come sarà. Difficilmente ci si sofferma a contemplarla, ammirarla, fotografarla in queste condizioni.
Eppure, se domani sarà rigolgiosa e bella, se ci perderemo a gustare i suoi colori, i suoi profumi, il suo splendore, è perché è passata attraverso questo tempo. Che appare incompiuto, brullo, perso, che si salterebbe volentieri, se fosse possibile… ma è quanto mai fecondo e necessario.
Contemplando Charlie
Te ne stai lì, con gli occhietti chiusi e i pugni stretti. Come tutti i bimbi, tutti i neonati. E saresti proprio come uno di loro, non fosse per quel cerotto sulla faccia e quella canula che ti entra nel naso e ti tiene in vita. Non fosse per quelle cellule che non ne vogliono sapere di funzionare, non ne vogliono sapere di fare il loro mestiere.
Sei così costretto in quel lettino, attaccato a quelle macchine. E invece di poter sorridere felice ai tuoi genitori, che non ti lasciano un istante, non puoi fare altro che rimanertene lì, inerte, nel tuo soffrire. In quella sofferenza che i medici e i tribunali hanno giudicato troppo grande, insopportabile, perfino inutile. Perché alla tua malattia non c’è cura. Non c’è possibilità di guarigione. Continua a leggere “Contemplando Charlie”
Ho scoperto che posso vivere ancora
Ci sono momenti nei quali il confine tra passato e futuro è più che mai sottile.
Ci sono momenti in cui ti rendi conto che la risposta che dai al passato sarà il tuo futuro.
Ci sono momenti nei quali quello che sembrava nero inizia a brillare.
Ci sono momenti in cui quello che pensavi uno scarto diventa ciò su cui costruire.
Ci sono momenti nei quali ti guardi allo specchio e ti vedi diverso.
Ti vedi con occhi non tuoi, ti vedi con occhi impensati.
Sono occhi che penetrano l’anima,
occhi che vanno oltre i tuoi dubbi, i tuoi limiti, le tue colpe, oltre il male che porti con te.
Occhi che ti guardano il cuore e arrivano a scorgere quella fiammella di luce che hai dentro.
Quella fiammella di vita che hai nascosto, hai negato, hai temuto non esistesse più,
quella fiammella che hai protetto da tutto e da tutti, fino a dimenticarti tu stesso che c’era,
per paura che qualcuno potesse spegnerla, per paura che qualcuno potesse calpestarla.
Quello sguardo non tuo l’ha riportata alla luce, quegli occhi non tuoi te l’hanno fatta scorgere di nuovo, come un anelito antico, come una nostalgia dimenticata.
E con stupore hai scoperto che quella fiammella, ormai allo scoperto, fragile, indifesa… si espande, cresce, diventa grande, si irrobustisce, esplode e brucia… brucia!
Brucia i tuoi occhi reclinati a guardare il buio che è stato e i cocci che ti restano,
e, attraverso quegli occhi non tuoi, ti fa scorgere in quel buio, in quei cocci, la strada che porta alla luce.
Ho scoperto che posso vivere ancora.