I Vangeli

OBBIETTIVI: conoscere le caratteristiche fondamentali dei quattro Vangeli e la questione sulla storicità di Gesù.

TIPOLOGIA DI LEZIONE: lezione frontale con l’ausilio di slide.

TEMPO DEDICATO: 3/4 lezioni

VALUTAZIONE: al termine del modulo verrà somministrata una verifica scritta, che spesso include anche contenuti del modulo successivo che ripercorre la vicenda di Gesù.

SVOLGIMENTO DELLE LEZIONI:

Per introdurre i Vangeli utilizzo alcune slide che ho preparato (scaricabili da qui). Qui di seguito riporto i contenuti a commento di ciascuna.

Parto come sempre dai ragazzi: chiedo loro di dirmi cosa sanno dei Vangeli, se saprebbero descrivere alcune caratteristiche di questi testi. Chiedo, provocatoriamente, se secondo loro sono attendibili da un punto di vista storico… così da avere un primo feedback sulle conoscenze pregresse della classe.
Per presentare gli evangelisti parto da una prospettiva artistica. Chiedo ai ragazzi se sanno identificare correttamente ciascun evangelista con l’immagine col quale è rappresentato negli affreschi e nei mosaici di moltissime chiese: Matteo l’angelo, Marco il leone, Luca il vitello, Giovanni l’aquila. Chiedo poi loro se sanno dirmi il perché di queste raffigurazioni e leggiamo insieme il passo di Apocalisse 4 nel quale troviamo in quattro esseri viventi, identificati con gli evangelisti.
Sottolineo come l’Apocalisse sia un testo fortemente simbolico – rimando la presentazione delle caratteristiche di questo testo al modulo dedicato al Nuovo Testamento – che utilizza immagini spesso mostruose e di difficile interpretazione per veicolare il messaggio cristiano. Nel testo di Apocalisse 4 è descritto il trono di Dio e si dice che in mezzo al trono e attorno al trono sono presenti quattro esseri viventi: un leone, un vitello, un uomo e un’aquila. Questa immagine è presa dall’autore di Apocalisse dal libro del profeta Ezechiele, che al capitolo 1 (v. 10) utilizza le stesse rappresentazioni. Nel contesto originario, nell’intenzione dell’autore dell’Apocalisse, questi quattro esseri viventi non sono quindi certamente legati agli evangelisti, sono piuttosto creature celesti che la tradizione apocalittica, di cui il libro di Ezechiele e il libro dell’Apocalisse sono espressione, colloca a fianco del trono di Dio. La tradizione cristiana un po’ alla volta li ha però sempre più identificati con Matteo, Marco, Luca e Giovanni, e questa rappresentazione è giunta fino ai nostri giorni. La storia dell’evoluzione nell’interpretazione di queste quattro immagini può essere utile a introdurre i ragazzi alla modalità corretta di leggere i testi del Nuovo Testamento: sono testi che portano con sé una stratificazione di significati che si sono accumulati nei secoli; è importante riconoscerli e collocarli nel loro contesto, per distinguere il significato originario del testo.
La parola “vangelo” deriva dal greco εὐαγγέλιον (euangelion), che è formato da due parole: εὖ (eu), che significa “buono”, “lieto”, “positivo”, e da ἄγγελος (angelos, da cui deriva la parola “angelo”), che significa “messaggero” o “annuncio”, “notizia”. Etimologicamente quindi “vangelo” (o “evangelo” nella forma italiana più arcaica ma più aderente all’originale greco) significa “lieto annuncio”, “buona notizia”. La parola εὐαγγέλιον la troviamo nel primo versetto del Vangelo di Marco, che si apre così: “Inizio del vangelo (εὐαγγελίου, genitivo di εὐαγγέλιον) di Gesù, Cristo, Figlio di Dio” (Mc 1,1). In questo contesto la parola “vangelo” non sta a indicare il titolo del libro. Marco non sta dicendo “inizio del libro che si chiama “Vangelo””. Intende invece il termine in senso letterale: inizio della buona notizia che riguarda, che è rappresentata, da Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Ci sta dicendo: il contenuto di questo libro è una buona notizia, è qualcosa per cui ti puoi rallegrare, per la quale puoi gridare di gioia (più avanti troveremo lo stesso concetto parlando del kèrigma) e Gesù è il motivo di questa gioia. Solo in un secondo momento la parola εὐαγγέλιον è stata presa per indicare i Vangeli, i quattro testi che narrano la vicenda di Gesù e rappresentano il riferimento più importante per la religione cristiana.
Questa slide sintetizza il percorso che porta alla formazione dei Vangeli, che sono scritti solo nella seconda metà del primo secolo. Inizialmente, dopo la risurrezione di Gesù e la Pentecoste, momento a partire dal quale gli apostoli inizieranno a diffondere il messaggio cristiano, il Vangelo è predicato oralmente. Gli apostoli, soprattutto Pietro, Paolo e Giovanni, viaggeranno e fonderanno comunità cristiane in Asia e in Europa, suscitando la fede in Gesù attraverso la predicazione. Solo a partire dal 40 d.C. circa inizieranno ad essere messe per iscritto alcune prime raccolte di testi cristiani: trascrizioni della predicazione degli apostoli, raccolte di detti e episodi della vita di Gesù e, certamente, i racconti della passione che gli studiosi riconoscono essere testi preesistenti poi confluiti nei Vangeli. Questi primi testi cristiani sono andati perduti, non ci sono stati tramandati, ma furono utilizzati dagli evangelisti come fonti per la composizione dei Vangeli. Ciò che spinse alla scrittura di opere organiche e complete che facessero sintesi del messaggio cristiano ripercorrendo la vicenda di Cristo, fu probabilmente il progressivo venir meno di coloro che erano avevano incontrato e vissuto con Gesù, i testimoni oculari dei suoi gesti e delle sue parole. Nel 70 d.C. la maggior parte degli apostoli era venuta meno. L’apostolo più longevo fu Giovanni la cui morte è collocabile negli ultimi anni del primo secolo. Emergeva quindi l’esigenza di non perdere la testimonianza apostolica ma conservarla per renderla accessibile alle nuove generazioni di cristiani. È per questo motivo che, proprio tra il 70 e il 90 d.C., verranno scritti i quattro Vangeli, a partire da quello di Marco, il più antico, tra il 65 e il 70 d.C., poi Mattero e Luca, intorno all’80 d.C. e infine Giovanni, dopo il 90 d.C.
Mentre il Vangelo di Giovanni ha una struttura propria, i Vangeli di Marco, Matteo e Luca presentano una struttura simile. Per questo motivo sono chiamati Vangeli sinottici, dal greco συνοπτικός (synoptikós) che significa “sguardo di insieme”, proprio perché, avendo la stessa struttura, possono essere letti in parallelo, guardati insieme. Tutti e tre questi Vangeli hanno una struttura geografica tripartita: la prima parte della vicenda di Gesù è ambientata in Galilea, la regione più a nord di Israele, una seconda sezione racconta il viaggio dalla Galilea a Gerusalemme, mentre la conclusione della storia è collocata nella città di Gerusalemme, che fa da sfondo alla morte e alla risurrezione di Gesù. Nel Vangelo di Giovanni invece Gesù si reca tre volte a Gerusalemme durante il suo ministero: è questo il motivo per il quale tradizionalmente si dice che Gesù abbia svolto la sua attività pubblica per tre anni, perché gli ebrei erano soliti salire al tempio di Gerusalemme una volta all’anno in occasione della Pasqua. Oltre ad avere la stessa struttura, i Vangeli sinottici sono anche interdipendenti testualmente: gli studiosi ci dicono cioè che gli evangelisti Matteo e Luca, scrivendo i loro Vangeli, hanno sotto mano e usano come fonte per attingere racconti e parole di Gesù il Vangelo di Marco. Questo risulta evidente considerando come nei Vangeli di Matteo e Luca troviamo moltissimi testi narrati anche da Marco. Luca e Matteo inoltre contengono diverso materiale che non è presente in Marco. Di questo materiale, come si evidenzia nello schema della slide, una parte è specifico di ciascuno dei due evangelisti: sono gli episodi originali di questi due evangelisti, che non trovano paralleli in nessun altro Vangelo. Una seconda parte di materiale invece, pur non provenendo dal Vangelo di Marco, è in comune tra i Vangeli di Matteo e di Luca. Questo ha fatto ipotizzare l’esistenza di una seconda fonte in comune tra Luca e Matteo, diversa da Marco, che prende il nome di fonte Q (semplicemente perché in tedesco, la lingua madre dei più importanti studiosi del testo biblico, la parola fonte si traduce quelle: da cui fonte Q). Tutte queste considerazioni mettono in luce da un lato la complessità di questi testi, dall’altro anche il grande lavoro di ricerca e di studio di cui sono stati fatti oggetto: i Vangeli sono probabilmente i testi in assoluto più studiati, analizzati e vivisezionati da tutti i punti di vista: testuale, letterario, narrativo, storico-critico…
Prima di mostrare questa slide chiedo provocatoriamente ai ragazzi a quale genere letterario appartengano secondo loro i Vangeli. La risposta corretta è che i Vangeli non sono riconducibili a nessun genere letterario, tanto da costituire un genere letterario a sé stante: il genere letterario “vangelo”. Questo perché questi testi hanno alcune caratteristiche che li rendono doversi da tutti gli altri testi. Si avvicinano al genere biografico, molto diffuso all’epoca in cui sono stati scritti, ma alcune specificità non permettono di considerarli propriamente delle biografie. Anzitutto narrano solo una parte della vita del protagonista: i Vangeli di Marco e Giovanni iniziano quando Gesù è già adulto. Luca e Matteo ci raccontano la nascita di Gesù, ma nulla del periodo che va dagli zero ai trent’anni. L’unico racconto che abbiamo di questo periodo lo troviamo al capitolo 2 del Vangelo di Luca: è il famoso episodio di Gesù dodicenne che si perde nel tempio. Per il resto nulla. Risulta evidente come non possa funzionare come biografia un testo così selettivo nel scegliere cosa raccontare del protagonista: è una biografia del tutto incompleta! Non solo, anche quello che di Gesù ci è raccontato è trattato in modo del tutto sproporzionato. Prendiamo il Vangelo di Marco, il più breve dei quattro: è composto da 16 capitoli, 11 capitoli coprono tre anni di vita di Gesù e 5 l’ultima settimana della sua esistenza. Anche da questo punto di vista i Vangeli risultano inadeguati come biografie. Perché gli evangelisti scelgono di scrivere un testo con caratteristiche così peculiari? La motivazione è da trovare nell’obbiettivo che si pongono nel momento in cui scrivono. Non hanno nessuna intenzione di scrivere un testo che faccia conoscere semplicemente la storia di un personaggio famoso (obbiettivo delle biografie). I Vangeli si pongono come obbiettivo quello di suscitare la fede in Gesù da parte di chi legge. Nei Vangeli non troviamo la biografia di Gesù, troviamo invece il racconto di ciò che fonda la fede di chi scrive, finalizzato a trasmettere questa stessa fede in chi legge. Per questo non è narrato nulla della prima parte della vita di Gesù: perché Gesù, fino all’inizio del suo ministero, a trent’anni circa, conduce una vita del tutto normale, poco interessante dal punto di vista della fede. Per questo passione, morte e risurrezione hanno invece uno spazio decisamente ampio nel racconto, perché è lì che emerge l’esperienza cruciale da cui nasce la fede cristiana.
L’esperienza fondamentale per la fede cristiana è la risurrezione. “Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede” scrive Paolo al capitolo 15 della Prima lettera ai Corinzi. La risurrezione è quell’evento che permette agli apostoli di comprendere la verità che sta al cuore della fede cristiana: Gesù, il crocifisso, è il Cristo. Gesù, il crocifisso, è insieme l’insuperabile manifestazione di Dio e la piena realizzazione dell’umano. Prima della risurrezione gli apostoli, di fronte alla morte di Gesù, pensavano fosse tutto finito, perché il Cristo, il Figlio di Dio, non può morire sulla croce. È l’esperienza della risurrezione che permette di comprendere l’evento della croce non come la sconfitta di un uomo, ma come l’autentica manifestazione di Dio e dell’uomo totalmente attraversato dall’amore divino, non più distinguibile da Dio: Figlio di Dio. Questo è il nucleo incandescente della fede cristiana, dal quale scaturisce tutto il resto, e prende il nome di kèrigma, parola greca (κήρυγμα) che deriva dal verbo κηρύσσω (kerusso), che significa “gridare”. Il kèrigma è, letteralmente, il grido di gioia della risurrezione da cui scaturisce la fede cristiana. È il contenuto fondamentale della buona notizia che i Vangeli ci vogliono comunicare.
Per scrivere un testo che non raccontasse semplicemente la biografia di Gesù, ma che si ponesse come obbiettivo quello di trasmettere la fede cristiana attraverso la narrazione della vicenda di Gesù, gli evangelisti hanno dovuto operare una rilettura di tutto quello che Gesù ha detto e ha fatto. Questo perché, come abbiamo visto, la fede autentica degli apostoli, che permette di comprendere appieno azioni e parole di Gesù, nasce solo dopo la risurrezione. Prima di questo evento – i Vangeli ce lo testimoniano in moltissimi passaggi – gli apostoli capiscono molto poco di quello che Gesù fa e dice. Nel periodo in cui i discepoli vivono insieme a Gesù fraintendono continuamente il suo messaggio, perché hanno ancora in mente un’idea di Dio e del suo Messia diversa da ciò che la croce e la risurrezione sveleranno. Gli evangelisti, scrivendo i Vangeli, non raccontano semplicemente quello che gli apostoli hanno vissuto insieme a Gesù, ma quello che, di ciò che hanno vissuto, hanno compreso dopo la risurrezione: nei Vangeli noi troviamo i gesti e le parole di Gesù già riempiti del significato nuovo che la croce e la risurrezione hanno svelato, già riletti alla luce del kèrigma.
Per spiegare meglio ai ragazzi questo concetto utilizzo l’immagine della “spiegazione di un film”. Immaginatevi di guardare uno di quei thriller in cui il senso di tutta la storia si comprende solo dopo aver visto il finale. Durante la visione si susseguono scene che, quando le guardi la prima volta, sembra non abbiano senso, non si riesce a comprenderne il significato. Solo dopo aver visto il finale del film, ripercorrendo con la memoria tutta la trama o guardando il film una seconda volta, si coglie il significato autentico di quella scena, di quel dialogo, di quella scelta… Gli apostoli hanno vissuto esattamente questo tipo di esperienza stando con Gesù: la comprensione di ciò che avevano vissuto si è accesa solo alla fine, dopo la risurrezione. I Vangeli si pongono come obbiettivo quello di testimoniarci questa comprensione ultima della vicenda di Gesù che viene dal kèrigma. In essi la vicenda di Gesù è già tutta interpretata e compresa alla luce del finale, sapendo già cioè il significato di ciò che in prima battuta era risultato incomprensibile. Leggere i Vangeli non è guardare il film per la prima volta, ma è piuttosto leggere la spiegazione del film: la vicenda di Gesù già riletta a partire dalla fine.
La rilettura della vicenda di Gesù messa in atto dagli evangelisti comprende almeno tre diverse operazioni. La prima, che abbiamo già visto, è riempire del significato nuovo svelato dal kèrigma la narrazione della storia di Gesù. Una seconda operazione è andare a cercare nell’Antico Testamento i testi che possono essere riferiti a Gesù: i cristiani riconoscono infatti in Gesù il Messia atteso da Israele, preannunciato dai profeti. Per poter affermare questo, soprattutto dopo che Gesù aveva deluso un certo tipo di attesa messianica che aspettava un condottiero militare capace di liberare Israele dalla dominazione straniera, si rende necessario trovare le connessioni tra la storia di Gesù e ciò che si trova nell’Antico Testamento, per dimostrare che davvero Gesù è colui di cui parlavano le Scritture. È per questo motivo che nei Vangeli, a commento di moltissimi episodi, gli evangelisti inseriscono notazioni che indicano come Gesù abbia fatto quel gesto, abbia detto quella parola, “perché si compissero le Scritture”, che affermavano questo o quest’altro. È una seconda operazione di rilettura della storia di Gesù, questa volta a partire dall’Antico Testamento.
Terza operazione che viene messa in campo dagli evangelisti è adattare il materiale a disposizione per favorire l’evangelizzazione della specifica comunità cristiana cui il singolo evangelista si rivolge. Questo è il motivo per il quale i quattro vangeli presentano differenze anche piuttosto marcate tra loro: l’obbiettivo degli evangelisti è scrivere un testo capace di trasmettere nel modo più efficace possibile la fede in Gesù alla propria comunità cristiana; per raggiungere questo obbiettivo non si fanno scrupoli a personalizzare il materiale che hanno a disposizione, modificando l’ordine degli episodi, aggiungendo o omettendo singole parti. L’obbiettivo è suscitare la fede della comunità, non scrivere un testo che risulti aderente alla vicenda storica di Gesù di Nazareth. Della verità storica gli evangelisti non si preoccupano.
La presenza nei Vangeli di tutte queste operazioni di rilettura e reinterpretazione della storia di Gesù rende molto difficile ricostruire, a partire da essi, quello che Gesù ha detto e ha fatto da un punto di vista storico: quanto di quello che troviamo nei Vangeli è avvenuto realmente così come è raccontato e quanto invece è prodotto dalle riletture messe in atto dagli evangelisti? Moltissimi studi sono stati fatti per provare a rispondere, ma i risultati fanno fatica a consegnarci delle certezze. Ma allora cosa possiamo affermare con certezza di Gesù da un punto di vista storico? Per rispondere a questa domanda dobbiamo andare a consultare le fonti non cristiane che ci parlano di Gesù, le quali, non avendo interesse ad alterare la sua vicenda, risultano più attendibili da un punto di vista storico.
Propongo alla classe tre dei principali testi non cristiani che ci parlano di Gesù. Il primo è tratto dalle Antichità giudaiche di Giuseppe Flavio, storico ebreo che scrive per conto dei romani, la principale fonte che abbiamo per conoscere le vicende della Giudea del primo secolo. Trattandosi di un autore ebreo e che per di più lavora per i romani, non aveva nessun motivo per scrivere qualcosa in favore dei cristiani, semmai il contrario. In questo testo Gesù è descritto come un uomo giusto, con molti discepoli, che fu crocifisso dal procuratore romano Pilato e che i suoi discepoli credono risorto, indentificandolo con il Messia. Confermando di fatto quello che ci dicono i Vangeli rispetto a questi pochi elementi.
Tacito è uno dei più grandi storici romani. Il testo riportato è preso da una delle sue opere più importanti, gli Annales, nella quale racconta le vicende dell’impero romano nel periodo che va da Augusto a Nerone. Proprio parlando di Nerone e del famoso incendio di Roma, Tacito cita i cristiani, accusati dall’imperatore di essere i responsabili dell’incendio. Interessante notare l’opinione molto negativa dei cristiani presso i romani all’epoca. Spiegando l’origine del termine “cristiani”, Tacito ci dice che esso deriva da Christus, un personaggio condannato a morte da Pilato. In questo breve passaggio anche Tacito ci conferma la verità storica della crocifissione di Gesù.
L’ultimo testo è preso dalla lettera che Plinio il Giovane, governatore romano, scrive all’imperatore Traiano per chiedere come deve comportarsi con questa nuova religione, il cristianesimo, che si era diffusa nella sua regione, e per spiegare all’imperatore di cosa si tratta, ci dà delle notizie interessanti sul cristianesimo delle origini: la venerazione di Cristo, l’onesta e moralità, il ritrovarsi “per partecipare al pasto, un cibo di tipo ordinario e innocuo” che noi cogliamo subito far riferimento all’eucaristia.
Dagli elementi che troviamo nei principali testi non cristiani che ci parlano di Gesù, di lui da un punto di vista storico possiamo certamente affermare che fu un predicatore ebreo che all’inizio del primo secolo ebbe un buon seguito di discepoli, che entrò in contrasto con i capi religiosi di Israele e che fu condannato a morte dal governatore romano Ponzio Pilato. Questi aspetti gli storici oggi sono concordi nel ritenerli storicamente attendibili. Non esiste praticamente più nessuno che neghi, come fatto in passato, l’esistenza storica di Gesù di Nazareth. Tutti gli altri tratti di Gesù che troviamo nei Vangeli invece non è possibile verificarli da un punto di vista storico.
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