Abbiamo lasciato Mosè sul monte Sinai, mentre riceve da Dio le tavole della legge. Nel frattempo però il popolo, che aspettava alle pendici del monte, stanco dell’attesa si costruisce un vitello d’oro e inizia a venerarlo come Dio: il popolo non ha ancora ricevuto la legge e ha già trasgredito il primo dei comandamenti!
La vicenda è raccontata nei capitoli che vanno dal 32 al 34 del libro dell’Esodo e ripresa ai capitoli 9 e 10 del libro del Deuteronomio, raccontata qui in prima persona Da Mosè. Coi ragazzi leggo normalmente questa seconda versione, più sintetica.
9,7Ricòrdati, non dimenticare, come hai provocato all'ira il Signore, tuo Dio, nel deserto. Da quando usciste dalla terra d'Egitto fino al vostro arrivo in questo luogo, siete stati ribelli al Signore. 8All'Oreb provocaste l'ira del Signore; il Signore si adirò contro di voi fino a volere la vostra distruzione. 9Quando io salii sul monte a prendere le tavole di pietra, le tavole dell'alleanza che il Signore aveva stabilito con voi, rimasi sul monte quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiare pane né bere acqua. 10Il Signore mi diede le due tavole di pietra, scritte dal dito di Dio, sulle quali stavano tutte le parole che il Signore vi aveva detto sul monte, in mezzo al fuoco, il giorno dell'assemblea. 11Alla fine dei quaranta giorni e delle quaranta notti, il Signore mi diede le due tavole di pietra, le tavole dell'alleanza. 12Poi il Signore mi disse: «Àlzati, scendi in fretta di qui, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dall'Egitto, si è traviato; si sono presto allontanati dalla via che io avevo loro indicata: si sono fatti un idolo di metallo fuso». 13Il Signore mi aggiunse: «Io ho visto questo popolo; ecco, è un popolo di dura cervice. 14Lasciami fare: io li distruggerò e cancellerò il loro nome sotto i cieli e farò di te una nazione più potente e più grande di loro». 15Così io mi volsi e scesi dal monte. Il monte bruciava nelle fiamme. Le due tavole dell'alleanza erano nelle mie mani. 16Guardai ed ecco, avevate peccato contro il Signore, vostro Dio. Avevate fatto per voi un vitello di metallo fuso: avevate ben presto lasciato la via che il Signore vi aveva prescritto. 17Allora afferrai le due tavole, le gettai con le mie mani, le spezzai sotto i vostri occhi 18e mi prostrai davanti al Signore. Come avevo fatto la prima volta, per quaranta giorni e per quaranta notti, non mangiai pane né bevvi acqua, a causa del grande peccato che avevate commesso, facendo ciò che è male agli occhi del Signore per provocarlo. 19Io avevo paura di fronte all'ira e al furore di cui il Signore era acceso contro di voi, al punto di volervi distruggere. Ma il Signore mi esaudì anche quella volta. 20Anche contro Aronne il Signore si era fortemente adirato, al punto di volerlo far perire. In quell'occasione io pregai anche per Aronne. 21Poi presi l'oggetto del vostro peccato, il vitello che avevate fatto, lo bruciai nel fuoco, lo feci a pezzi, frantumandolo finché fosse ridotto in polvere, e buttai quella polvere nel torrente che scende dal monte. [...] 25Io stetti prostrato davanti al Signore per quaranta giorni e per quaranta notti, perché il Signore aveva minacciato di distruggervi. 26Pregai il Signore e dissi: «Signore Dio, non distruggere il tuo popolo, la tua eredità, che hai riscattato nella tua grandezza, che hai fatto uscire dall'Egitto con mano potente. 27Ricòrdati dei tuoi servi Abramo, Isacco e Giacobbe; non guardare alla caparbietà di questo popolo e alla sua malvagità e al suo peccato, 28perché la terra da dove ci hai fatto uscire non dica: Poiché il Signore non era in grado di introdurli nella terra che aveva loro promesso e poiché li odiava, li ha fatti uscire di qui per farli morire nel deserto. 29Al contrario, essi sono il tuo popolo, la tua eredità, che tu hai fatto uscire dall'Egitto con grande potenza e con il tuo braccio teso». 10,1 In quel tempo il Signore mi disse: «Tàgliati due tavole di pietra simili alle prime e sali da me sul monte. Costruisci anche un'arca di legno. 2Io scriverò su quelle tavole le parole che erano sulle prime che tu hai spezzato, e tu le metterai nell'arca». 3Io feci dunque un'arca di legno d'acacia e tagliai due tavole di pietra simili alle prime; poi salii sul monte, con le due tavole in mano. 4Il Signore scrisse su quelle tavole come era stato scritto la prima volta, cioè le dieci parole che il Signore aveva promulgato per voi sul monte, in mezzo al fuoco, il giorno dell'assemblea. Il Signore me le consegnò. 5Allora mi voltai, scesi dal monte e collocai le tavole nell'arca che avevo fatto. Là restarono, come il Signore mi aveva ordinato.
(Dt 9,7-10,5)
La storia della relazione tra Dio e il suo popolo non è una storia gloriosa. Il popolo riceve da Dio il dono della legge, regola e segno della relazione tra Dio e Israele. Ma il popolo farà sempre un’enorme fatica a rimanere fedele alla legge data da Dio. È un “popolo di dura cervice” (v. 13), non all’altezza della libertà vera e autentica che Dio gli offre (ma non siamo così anche noi?). Israele sarà costantemente tentato di allontanarsi da Dio per seguire gli idoli, perdendo la sua libertà e rompendo la relazione con JHWH. In questo senso il racconto del vitello d’oro è archetipo di tutta la storia di Israele, descrive ed anticipa quello che Israele vivrà costantemente nella sua storia.
Possiamo riconoscere quattro momenti scandire la storia della relazione tra Dio e il suo popolo, che la vicenda del vitello d’oro evidenzia:
- Dio che propone l’alleanza: è il momento in cui Dio chiama Mosè sul monte e dona la legge (vv 9-10).
- Il popolo trasgredisce l’alleanza con Dio: si costruisce il vitello d’oro (v 16).
- Dio si adira e minaccia di rompere per sempre l’alleanza con il popolo e di punirlo distruggendolo (v. 14).
- Intercessione del mediatore e nuova alleanza: Mosè rivolge a Dio una preghiera per chiedere di non distruggere il popolo, ricordandosi della promessa ad Abramo e di tutto quello che ha fatto per liberarlo dall’Egitto (vv 26-29). Dio rinnova l’alleanza donando nuovamente la legge (vv 10,1-5)
Questi quattro momenti si ripetono ciclicamente nella storia del popolo ebraico. Basta sfogliare la Bibbia per rendersene conto. Tutta la storia di Israele è la storia di Dio che propone l’alleanza, del popolo che la trasgredisce, della crisi che ne consegue, risolta per intercessione di un mediatore, e della nuova alleanza donata da Dio. Come dicevamo nel modulo dedicato alla storia di Israele, la vicenda fondativa per la fede del popolo di Israele, che viene espressa e raccontata attraverso le vicende narrate nella Torah, è l’esilio a Babilonia. È lì che va ritrovato l’origine e il senso della storia, intesa secondo la scansione nei quattro momenti: Israele risponderà alla domanda sul perché Dio abbia permesso ai babilonesi di distruggere Gerusalemme e il tempio, individuando la causa nell’infedeltà di Israele, alla quale è seguita la punizione di Dio, l’esilio; ma dopo l’esilio a Israele sarà stato concesso di potersi riappropriare della terra e ricostruire il tempio: Dio dona una nuova alleanza, un nuovo inizio. La fede di Israele ruota tutta attorno a questo evento e a ciò che esso a mostrato dell’agire di Dio con il suo popolo.
Quando si spezzerà questo ciclo infinito? Per noi cristiani quando Dio stesso scenderà sulla terra e morirà sulla croce, per dimostrare che non c’è nessun peccato in grado di rompere l’alleanza tra Dio e gli uomini, che l’amore di Dio è più grande di qualsiasi fragilità umana e accoglie ciascuno così com’è. Ma questa è un’altra storia…
Concludo normalmente questa sezione dedicata alla storia travagliata della relazione tra Dio e il suo popolo leggendo insieme ai ragazzi uno dei testi secondo me più belli di tutta la Bibbia, che esprime gli stessi concetti – tradimento dell’alleanza e perdono – attraverso la metafora matrimoniale. È il testo che troviamo al capitolo 2 del libro di Osea. In questo libro la biografia del profeta si confonde con la vicenda del popolo di Israele. Nel capitolo 1 Dio comanda a Osea di prendersi in moglie una prostituta: immagine di Dio che sceglie di legarsi a un popolo infedele. Nel capitolo 2 Osea, sempre più identificato con Dio stesso, rivolge un’invettiva violentissima contro la moglie infedele: è il momento dell’ira di Dio per l’infedeltà del suo popolo.
4Accusate vostra madre, accusatela, perché lei non è più mia moglie e io non sono più suo marito! Si tolga dalla faccia i segni delle sue prostituzioni e i segni del suo adulterio dal suo petto; 5altrimenti la spoglierò tutta nuda e la renderò simile a quando nacque, e la ridurrò a un deserto, come una terra arida,e la farò morire di sete. 6I suoi figli non li amerò, perché sono figli di prostituzione. 7La loro madre, infatti, si è prostituita, la loro genitrice si è coperta di vergogna, perché ha detto: «Seguirò i miei amanti, che mi danno il mio pane e la mia acqua, la mia lana, il mio lino, il mio olio e le mie bevande». 8Perciò ecco, ti chiuderò la strada con spine, la sbarrerò con barriere e non ritroverà i suoi sentieri. 9Inseguirà i suoi amanti,ma non li raggiungerà, li cercherà senza trovarli. Allora dirà: «Ritornerò al mio marito di prima, perché stavo meglio di adesso». 10Non capì che io le davo grano, vino nuovo e olio,e la coprivo d'argento e d'oro,che hanno usato per Baal. 11Perciò anch'io tornerò a riprendere il mio grano, a suo tempo, il mio vino nuovo nella sua stagione; porterò via la mia lana e il mio lino, che dovevano coprire le sue nudità.12Scoprirò allora le sue vergogne agli occhi dei suoi amanti e nessuno la toglierà dalle mie mani.13Farò cessare tutte le sue gioie, le feste, i noviluni, i sabati, tutte le sue assemblee solenni. 14Devasterò le sue viti e i suoi fichi, di cui ella diceva: «Ecco il dono che mi hanno dato i miei amanti». Li ridurrò a una sterpaglia e a un pascolo di animali selvatici. 15La punirò per i giorni dedicati ai Baal, quando bruciava loro i profumi, si adornava di anelli e di collane e seguiva i suoi amanti,mentre dimenticava me! Oracolo del Signore. 16Perciò, ecco...
(Os 2,4-16)
Si noti come nel testo si alternino l’immagine della donna e le immagini della terra, evidente al v. 5 quando alla nudità minacciata per la donna viene associata l’immagine del deserto e della terra arida; al v. 13 il riferimento è ancora più evidente, quando minaccia di far cessare le feste, i noviluni e i sabati: è chiaro che parlando della donna infedele Osea sta parlando del popolo che si è allontanato da Dio.
L’invettiva si conclude con una formula giuridica: “perciò ecco…”. Dopo l’arringa di accusa, è il momento della sentenza, dopo aver elencato tutte le colpe di cui questa donna si è resa protagonista, ora è il momento del giudizio definitivo. Viste le premesse non ci aspetteremmo nulla di diverso da un giudizio di condanna. E invece…
16Perciò, ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. 17Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acor in porta di speranza. Là mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d'Egitto. 18E avverrà, in quel giorno - oracolo del Signore - mi chiamerai: «Marito mio», e non mi chiamerai più: «Baal, mio padrone». 19Le toglierò dalla bocca i nomi dei Baal e non saranno più chiamati per nome. 20In quel tempo farò per loro un'alleanza con gli animali selvatici e gli uccelli del cielo e i rettili del suolo; arco e spada e guerra eliminerò dal paese, e li farò riposare tranquilli. 21Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell'amore e nella benevolenza, 22ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore.
(Os 2,16-22)
Invece di una sentenza di condanna arriva un perdono del tutto inaspettato ed illogico! È l’illogicità dell’amore di Dio che vince l’infedeltà umana al di là di ogni ragionevole aspettativa. Tutta la violenza dei versetti precedenti lascia il posto a una delle pagine più belle e più intense di tutta la Bibbia nel descrivere la tenerezza e l’amore. Bello come viene anche qui sottolineata la differenza tra Dio e gli idoli (rappresentati dalla figura di Baal): Dio è il “marito mio”, lo sposo col quale si vive una relazione d’amore, libera, autentica. Baal è colui che assoggetta in una relazione di potere che toglie la libertà: “mio padrone”. Anche qui notiamo la sovrapposizione tra la donna amata e il popolo di Israele: al v. 17 in particolare quando la giovinezza della donna è associata alla liberazione di Israele dall’Egitto. È Dio che concede una nuova alleanza al suo popolo. Frutto di questa nuova alleanza è la pace, come descritto nel v. 20: la minaccia della guerra è associata da Israele alla punizione di Dio, la nuova alleanza è garanzia di pace. In filigrana scorgiamo sempre l’esperienza dell’esilio.