Una messa di Natale “alternativa”

Vigilia di Natale. Con mia moglie decidiamo di andare alla messa per i bambini che la nostra parrocchia propone alle 20.30, portando nostro figlio Mattia, di un anno e mezzo. La messa di mezzanotte ho idea che per un bel po’ resterà per me un miraggio, se ne riparlerà tra cinque o sei anni, spero, sempre se esisterà ancora la messa di mezzanotte: da quando hanno introdotto quella alle 20.30 la gente si riversa in questa e a mezzanotte la Chiesa è sempre più vuota.

Sono un po’ scettico a portare a messa Mattia conoscendo la sua indole di urlatore seriale, soprattutto se si pretende di lasciarlo più di dieci minuti nel passeggino. Inizialmente non mi preoccupo più di tanto: la Chiesa è stipata di bambini urlanti che trotterellano qua e là. Non ho ancora deciso se sia una cosa bella a messa dare libero sfogo all’irrequietezza dei più piccoli o se sia più un disturbo a chi vorrebbe seguire la celebrazione in santa pace.

Fino al Gloria tutto bene. Quando partono i canti Mattia ascolta tutto contento seguendo il ritmo con la manina. Alla prima lettura dobbiamo tirare fuori i libretti che sapientemente mia moglie ha portato, ma prima del Vangelo il suo interesse per “impariamo i colori e le forme” è già svanito. Una attimo di tregua quando parte l’Alleluia, che dura giusto il tempo della lettura del Vangelo. Ma quando attacca l’omelia inizia la tragedia!! Le proviamo tutte ma non c’è verso. Le urla diventano eccessive anche in mezzo alla confusione degli altri bambini. Faccio un cenno a mia moglie, prendo il passeggino e esco dalla Chiesa con Mattia, rassegnato all’idea di svegliarmi prima la mattina di Natale per tornare a messa.

Mi incammino col passeggino per le vie del centro. Mattia indica col ditino ogni decorazione luminosa e ci fermiamo davanti ad ognuna a contemplarla. Fa un po’ freddo ma la mamma, previdente, ha portato non una ma ben due copertine per coprire il passeggino. Proseguiamo il nostro giro e mi si spalanca un mondo: il mondo di ciò che succede fuori dalla messa di Natale.

Il pub poco distante dalla Chiesa è stipato di gente che chiacchiera allegramente coi drink in mano. “Chissà se sanno che è Natale” mi viene da pensare. La pizzeria d’asporto lì di fronte sta ancora sfornando pizze a manetta. C’è un via vai di persone che entrano ed escono coi loro cartoni e il ragazzo che le consegna col motorino l’avremo visto andare e tornare una decina di volte. Poco più avanti c’è un bell’albero di Natale che tutti gli anni predispongono in fondo alla via del centro, colorato dai bambini delle scuole: quest’anno il tema è “come rendere migliore il mondo”, e appesi ci sono tutti i desideri e gli impegni più piccoli. Mentre Mattia si ferma a guardarlo incantato due commesse del supermercato lì vicino stanno tirando finalmente giù le serrande e le sento che parlano tra loro. “Giornata infernale oggi, per fortuna che è finita”. “Beata te che domani sei a casa, io alle sette sono ancora qui che la gente vuole il pane fresco” “Io sarò qui a Santo Stefano, ma per fortuna di solito ci sono meno persone”.

Proseguiamo il nostro giro fino alla stazione. In sala d’attesa ci sono una decina di persone visibilmente scocciate. Il treno delle 20.41 è in ritardo di 50 minuti e qualche imprecazione non proprio natalizia si innalza inesorabile. Ci avviciniamo al binario e arriva finalmente il treno. Mattia raggiante lo indica col ditino, l’unico sorriso in mezzo a facce stanche e arrabbiate.

Mentre il treno riparte mi fermo a pensare. È Natale. È Natale anche per loro. Gesù nasce anche per loro. Chissà se lo sanno… E mi immagino la scena: gli angeli che squarciano il cielo e vanno dalla gente al pub, dal ragazzo delle pizze, dalle commesse del supermercato, dalle persone sul treno, e gridano “vi annuncio una grande gioia…”. Quanto c’è bisogno di questo annuncio! Cosa possiamo fare perché questo annuncio risuoni non solo nelle nostre Chiese, ma soprattutto lì dove ce n’è più bisogno? Penso alla Chiesa stipata e mi immagino che al termine della messa la gente esca e vada a portare l’annuncio per le vie della città, a tutte le persone che non hanno la fortuna di poter celebrare la messa la notte di Natale, a quegli uomini e quelle donne per cui Natale è solo lavoro in più, o solo divertimento stanco, o solo un giorno uguale a tanti altri, forse un po’ più triste…

Sto ancora immaginando i bambini che corrono ad abbracciare la cassiera, il pizzaiolo e il capostazione, quando mi suona il cellulare. È mia moglie.

“Dove siete? Venite qui! La messa è finita, adesso danno il vin brulé e il panettone”.

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Da Giuseppe a Mosè: il mio saluto all’oratorio.

C’è una circostanza curiosa che fa da cornice  al mio impegno da educatore in oratorio.

Era il lontano 2005 quando per la prima volta, da giovane seminarista, affrontavo l’oratorio estivo come responsabile. Oratorio feriale mitico, nel mio paese, Casciago, con tanti di quelli che ancora sono i miei più cari amici. Il tema di quell’anno era “Conta su di me”, tutto incentrato sulla storia di Giuseppe d’Egitto.
Quest’estate ho vissuto a Castellanza l’ultima esperienza come responsabile d’oratorio (da settembre si inizia una nuova avventura!), e il tema era “Per di qua”, con filo conduttore la vicenda di Mosè e del popolo di Israele che, dall’Egitto, raggiunge la Terra Promessa.

Mi fa pensare questa strana coincidenza Continua a leggere “Da Giuseppe a Mosè: il mio saluto all’oratorio.”

Quel gesto che non ti aspetti

Qualche tempo fa mi trovavo nel cortile del oratorio dove sono educatore. La mia attenzione viene catturata da due ragazze che stanno litigando tra loro vicino al cancello. Le conosco bene. Sono due sorelle adolescenti che partecipano – piuttosto saltuariamente in verità – alle iniziative oratoriane. Situazione familiare complicata, nota ai servizi sociali; un’aneddotica piuttosto consistente delle loro gesta non propriamente nobili, nota più o meno a chiunque. Stavano litigando per una sigaretta.

«È l’ultima che ho, non te la posso dare!», diceva una.

«Sì, e tutte quelle volte che ti ho dato io l’ultima sigaretta che avevo?», le rispondeva l’altra Continua a leggere “Quel gesto che non ti aspetti”

Caro Bennato ti scrivo… sul matrimonio e i colori

Caro Edoardo Bennato, mi presento, sono un tuo grandissimo fan. Lo sono da quando, a diciott’anni, una mia amica mi regalò un tuo disco e mi innamorai della tua musica e delle tue parole. Come ogni volta, quando ho saputo che era uscito il tuo nuovo album, sono corso a comprarlo, e come sempre non mi hai deluso!

Di questo tuo disco mi ha fatto molto riflettere la canzone “Povero amore”. Tanto che ho deciso di scriverti. Parla di un amore perso, un amore rimandato, un amore che si confonde e non riesce a fiorire. Un amore che si smarrisce – così canti – “nelle gallerie dei ricordi, nelle agenzie di fidanzamenti, nelle liste d’attesa dei sentimenti”, ed ancora “nei rimpianti, nelle frasi dette troppo tardi, nelle convenzioni dei conventi, nelle associazioni dei cuori infranti…”. Ma è un passaggio in particolare ad avermi colpito, quando parli di un amore che si perde “nelle sartorie di tutti gli abiti da sposa, in quel bianco che va bene su qualunque cosa, in quel bianco che va bene, copre ogni colore, e a volte copre anche l’amore”.

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Da una foto la mia speranza per la Terra Santa

Escalation di violenza, attacchi, attentati, coprifuoco… Non è la stessa cosa leggere quello che sta accadendo in Israele e Palestina dopo esserci stati. Non è la stessa cosa sapere di tutto questo dopo aver visto con i propri occhi i campi profughi a Nablus, dopo aver percorso la spianata delle moschee a Gerusalemme col sottofondo del grido “Allahu Akbar” dei capannelli di musulmani rivolto agli ebrei ortodossi scortati dalla polizia;
dopo aver pregato  per la pace lungo il muro che separa i territori palestinesi da quelli israeliani e aver fatto i conti ai checkpoint con la macchina paranoica della sicurezza israeliana. Non è la stessa cosa perché alla mente tornano immagini, volti, emozioni. Continua a leggere “Da una foto la mia speranza per la Terra Santa”

Ripercorrendo i segni del cammino… la vigilia del matrimonio

Quando nel lontano novembre del 2007 nacque la prima versione di questo blog era sostanzialmente una raccolta di pensieri, quasi una trascrizione di moti d’animo più o meno banali. Ecco, alla vigilia del mio matrimonio con Donata (sì, per chi non lo sapesse ci sposiamo domani!!) vorrei un attimo tornare a quel registro, tralasciare per un istante l’attualità, la riflessione, i dibattiti e scrivere qualcosa di personale, qualcosa di me. Perché? Perché alla vigilia di questo giorno, che tanti dicono essere il più bello della vita (staremo a vedere, per il momento danno pioggia), sento dentro di me un sentimento sovrastare tutti gli altri: il sentimento della gratitudine. Continua a leggere “Ripercorrendo i segni del cammino… la vigilia del matrimonio”