Programma e fallimento di Gesù

Ci siamo soffermati sui principali strumenti utilizzati da Gesù, nei Vangeli, per compiere la sua missione: i miracoli, la predicazione e le parabole. Ora proviamo a focalizzare l’attenzione su quelle scelte più generali che Gesù compie nell’orientare la sua azione evangelizzatrice. Scelte che, anticipo, si riveleranno fallimentari.

Alcuni tratti li abbiamo già messi in luce: il modo singolare attraverso il quale Gesù interpreta il ruolo di Messia, slegato da qualsiasi caratterizzazione militare e politica; la scelta di rivolgersi non ai più “bravi” ma ai peccatori, condividendo la loro vita e la loro sorte, che incide, ad esempio anche sulla selezione dei discepoli: nell’elenco dei dodici apostoli, riportato nel capitolo 3 del Vangelo di Marco, troviamo, personaggi discutibili come il pubblicano Matteo, Simone il Cananeo che, ci dice l’evangelista Luca, apparteneva al gruppo terroristico degli zeloti, impegnato a combattere con la violenza l’occupazione romana, e infine Giuda Iscariota, che era un ladro.

Le prime perplessità riguardo le scelte di Gesù arrivano dal fuoco amico. Al capitolo 11 del Vangelo di Matteo troviamo questo episodio.

2Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò 3a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 4Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: 5i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. 6E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

(Mt 11,2-6)

Giovanni Battista dal carcere manda alcuni discepoli a chiedere a Gesù se sia davvero lui il Messia che deve venire: Giovanni non si riconosce in ciò che Gesù fa e dice. Era stato arrestato per aver accusato pubblicamente Erode del suo peccato (vivere con la moglie di suo fratello) e Gesù cosa fa? Si circonda di adulteri e prostitute! L’immagine che Giovanni aveva del Messia ricalca le profezie di Israele: il Messia è colui che “percuoterà il violento con la verga della sua bocca” (Is 11,4), che affermerà con forza la giustizia contro gli empi. Gesù incarna un modo diverso di essere Messia e Giovanni rimane spiazzato: sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro? Nella risposta che Gesù dà a Giovanni, prima della stilettata finale (“beato colui che non trova in me motivo di scandalo“, tradotto: stai al tuo posto, Giovanni, che so quello che faccio!) si esplicita la diversa modalità di interpretare il ruolo di Messia da parte di Gesù: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. Il Messia incarnato da Gesù è annuncio di un Dio che guarisce, libera, risuscita, e sta dalla parte dei più poveri.

Ma qual era concretamente il programma che Gesù si era prefissato? Guarire, scacciare demoni, predicare, ma per raggiungere quale obbiettivo? Diversi elementi nei Vangeli spingono a ritenere che l’intenzione di Gesù fosse quella di guadagnare la fiducia del popolo ebraico, essere riconosciuto da Israele come profeta e Messia. È questo il motivo per il quale in diverse occasioni è sottolineato come Gesù scelga di rivolgersi, soprattutto nella prima fase della sua missione, solo ai membri del popolo ebraico. Quando Gesù manda in missione i suoi discepoli, ad esempio, raccomanda:

5Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele. 

(Mt 10,5-6)

Ma l’episodio in cui questa scelta risulta più evidente è l’incontro di Gesù con la donna siro-fenicia.

24Partito di là, andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. 25Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. 26Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. 27Ed egli le rispondeva: «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». 28Ma lei gli replicò: «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli». 29Allora le disse: «Per questa tua parola, va': il demonio è uscito da tua figlia». 30Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n'era andato. 

(Mc 7,24-30)

Questa è per me una delle pagine più belle di tutto il Vangelo, per come mette in luce l’umanità piena, identica alla nostra, che Gesù vive. Gesù incontra una donna straniera (di lingua greca e di origine siro-fenicia) che gli chiede un miracolo per la figlia. Ora Gesù, come abbiamo visto, aveva deciso di rivolgersi solo al popolo di Israele. Inizialmente quindi cerca di prestar fede al suo programma e dà alla donna una risposta che, letta con gli occhi di oggi, non può che suonare profondamente razzista! Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini. Dove i figli sono gli ebrei e i cagnolini gli stranieri, come la donna e sua figlia. La donna però non si scompone e ribatte riprendendo l’immagine usata da Gesù: Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli. Quanta umiltà, quanto amore trasudano da queste parole! Gesù coglie tutto questo e cede: al diavolo i suoi programmi, l’amore di una madre per sua figlia vale più di tutti i suoi schemi! Ci troviamo di fronte a un Gesù che cambia idea, sconvolge i suoi piani, si lascia convertire, dall’incontro con una donna. Prospettiva secondo me bellissima, che ci dà la possibilità di contemplare più da vicino che mai l’umanità di Gesù, fatta di progetti smentiti, intenzioni riviste, conversioni e fallimenti. Proprio come la nostra.

Il programma di Gesù però non fallirà per i suoi ripensamenti, ma perché un po’ alla volta intorno a Gesù emergerà lo scetticismo e l’opposizione da parte dei capi del popolo di Israele. Nel Vangelo di Marco i primi segni di dissenso emergono sin dal secondo capitolo e all’inizio del terzo i farisei arrivano già alla decisione di eliminare Gesù.

1Entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, 2e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo3Egli disse all'uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». 4Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. 5E guardandoli tutt'intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all'uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita. 6E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire. 

(Mc 3,1-6)

In questo episodio a essere messo in evidenza è esattamente il contrasto tra Gesù e i capi del popolo. Questi sono lì per cogliere Gesù in fallo e di Gesù viene sottolineata, cosa rara, l’indignazione e la tristezza. Cosa porta a questo conflitto? Qui, come nel racconto immediatamente precedente che chiude il capitolo due, il contrasto nasce dall’originale interpretazione che Gesù dà del comandamento del sabato. “Il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato” (Mc 2,27) è la sintesi del pensiero di Gesù sul tema. Gesù relativizza il sabato, lo intende non semplicemente come giorno di riposo assoluto, ma come giorno nel quale compiere la volontà di Dio, che per Gesù significa anzitutto prendersi cura dell’altro. Per questo compie miracoli in giorno di sabato. I capi del popolo si sentono messi in discussione dalle parole di Gesù, che scavalcano la loro autorità e propongono un insegnamento diverso dal loro, in merito al sabato e a molti altri temi. Da qui scaturisce il conflitto. Conflitto che un po’ alla volta si farà sempre più violento, fino a divenire insanabile. Leggo normalmente coi ragazzi due testi per mettere in evidenza i toni sempre più accesi di questo conflitto. Il primo è una parte dell’invettiva che Gesù rivolge a scribi e farisei al capitolo 23 del Vangelo di Matteo.

23Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull'anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. 24Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
25Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto, ma all'interno sono pieni di avidità e d'intemperanza. 26Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi pulito! 27Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all'esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. 28Così anche voi: all'esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità. 

(Mt 23,23-28)

Lo scontro è frontale, le accuse sono pesantissime. È un Gesù furibondo che sfoga su chi gli si oppone tutta la sua frustrazione. Anche da questo punto di vista Gesù è più che mai umano!

Il secondo testo che leggo è la parabola dei vignaioli omicidi che Gesù racconta proprio contro gli scribi e i farisei, colpevoli di non averlo riconosciuto come Messia e Figlio di Dio.

1 Si mise a parlare loro con parabole: «Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 2Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. 3Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. 4Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. 5Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero. 6Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: «Avranno rispetto per mio figlio!». 7Ma quei contadini dissero tra loro: «Costui è l'erede. Su, uccidiamolo e l'eredità sarà nostra!». 8Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. 9Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. 10Non avete letto questa Scrittura: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d'angolo;11questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi?». 12E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono. 

(Mc 12,1-12)

Anche qui l’accusa è violentissima. I capi di Israele, coloro che avrebbero dovuto guidare il popolo nella fedeltà alla legge di Dio, sono paragonati a dei contadini che si sono appropriati ingiustamente della vigna del padrone, scacciando e uccidendo tutti i suoi messi. Troviamo qui addirittura un Gesù che minaccia una punizione da parte di Dio: Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. Si spiega la presenza di un’immagine del genere nel contesto di contrapposizione che Gesù vive: Gesù, come abbiamo visto, rifiuta l’immagine di un Dio che punisce, la usa qui come modalità per esprimere la propria indignazione nel contesto di conflitto nel quale si trova.

Risulta del tutto evidente, a partire da questi testi e dall’evoluzione della vicenda di Gesù che abbiamo descritto, come il progetto originario di Gesù, essere riconosciuto da Israele come profeta e Messia, vada incontro al fallimento. Il conflitto persistente e sempre più acceso con i capi del popolo faranno tramontare definitivamente questa prospettiva. Gesù dovrà trovare una nuova strada per portare a compimento la missione di mostrare agli uomini il vero volto del Padre.

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