Sono diversi mesi che non mi esprimo riguardo la situazione politica. Sarà che dopo il referendum del 2016 la mia passione politica si è decisamente arenata, sarà che da lì in poi identificarmi con una delle proposte politiche in campo mi è diventato davvero difficile: non con le liti infinite del PD, non con gli altri schieramenti da cui mi divide una visione politica che non condivido.
Di fronte agli ultimi sviluppi però è difficile stare in silenzio, ed eccomi qui. Non per unire la mia voce a una delle contrapposte tifoserie, il tifo lo faccio solo quando gioca la Juve; ma perché ogni giorno spendo il mio tempo tra i ragazzi della mia scuola, spanati da morire ma belli, e da qualche giorno quando torno a casa c’è un bimbetto di due settimane che mi aspetta e mi guarda con i suoi occhioni aperti. E non posso non chiedermi cosa stiamo costruendo per loro. Cosa vorrei domani per loro. E mi è quanto mai evidente la distanza che c’è tra questo desiderio e tutto ciò che sta accadendo in questi giorni.
E allora mi viene da dire che a me non interessa chi ha ragione e chi no, chi sia migliore e chi peggiore, quale narrazione stia in piedi più dell’altra. Vorrei ci si fermasse tutti a ricordare che qui non c’è in gioco Salvini, Di Maio, Renzi o Mattarella. Qui c’è in gioco il futuro nostro e dei nostri piccoli. Che non meritano di vivere in un campo di battaglia in cui vince chi urla di più e la spara più grossa. Meritano invece una politica che sappia fare quando serve un passo indietro, nel rispetto e nel riconoscimento reciproco e delle istituzioni, non perché “ci dobbiamo volere tutti bene”, ma per dimostrare che il bene che vogliamo al futuro dell’Italia e dei nostri figli è più grande dell’avversione che abbiamo l’uno per l’altro.